Il Covile | | | | |

Consonanze: contro la coscrizione scolastica

1831 - Monaldo Leopardi

Esperienza. Io so bene che certi parlari non sono intesi dal volgo, e pur troppo ogni classe ha il suo volgo. La mia lettera però non è diretta alla plebe, ma ai re. Tirate avanti e non perdete tempo.


Dottore. «Un’altra causa principale dello sconquassamento del mondo è la troppa diffusione delle lettere e quel pizzicore di letteratura che è entrato ancora nelle ossa dei pescivendoli e degli stallieri. Al mondo ci vogliono senza meno i dotti e i letterati, ma ci vogliono ancora i calzolari, i sartori, i fabbri, gli agricoltori e gli artieri di tutte le sorta, e ci vuole una gran massa di gente buona e tranquilla, la quale si contenti di vivere sulla fede altrui, e lasci che il mondo sia guidato coi lumi degli altri senza pretendere di guidano coi lumi proprii. Per tutta questa gente la lettura è dannosa, perché solletica quegli intelletti che la natura ha destinati ad esercitarsi dentro una sfera ristretta, promuove dubbi che la mediocrità delle sue cognizioni non è poi sufficiente a risolvere, accostuma ai diletti dello spirito, i quali rendono insopportabili il travaglio monotono e nojoso del corpo, risveglia desiderii sproporzionati alla umiltà della condizione, e con rendere il popolo scontento della sua sorte, lo dispone ai tentativi di conseguire una sorte diversa. Perciò, invece di favorire smisuratamente l’istruzione e la civiltà, dovete con prudenza imporle qualche confine; e considerate che se si trovasse un maestro, il quale con una sola lezione potesse rendere tutti gli uomini dotti come Aristotele, e civili come il maggiordomo del re di Francia, questo maestro bisognerebbe ammazzarlo subito per non vedere distrutta la società. Lasciate i libri e gli studii alle classi distinte, e a qualche ingegno straordinario che si fa strada a traverso dell’oscurità del suo grado, ma procurate che il calzolaro si contenti della lesina, e il rustico del badile senza andarsi a guastare il cuore e la testa alla scuola dell’alfabeto. Per la mal intesa e sproporzionata diffusione della coltura la società è disturbata da una progenie innumerevole di bifolchi e facchini che a dispetto della natura vogliono aggregarsi alle classi elevate, e voi siete costretti di togliere la pelle alla metà del vostro popolo, per fare i calzoni a quell’altra metà, la quale nata per guadagnarsi il pane con vanga e la scure, domanda impieghi e pensioni, e pretende di vivere e di scialare con qualche tratto di penna. Tutti questi sapientelli senza fondamento di studio e di giudizio, e tutti questi signoretti senza patrimonio bastante a far bollire la pentola, portano naturalmente nel cuore la scontentezza e l’invidia, e sono materie sempre preparate ad accendersi al soffio della rivoluzione. La improvida propagazione delle lettere ha radunata questa massa pericolosa di combustibile, e voi dovete con la cauta e discreta moderazione della coltura abbassare le vampe della sedicente filosofia e allontanare la mina da’ vostri troni.»


Pulcinella. Io sono un povero lazzarone, ma capisco bene che dite bene. Se madonna Pulcinellessa mia madre non avesse fatto la pulcinellata di mandarmi alla scuola, sarei un asino poco più, poco meno come sono adesso, ma avrei appreso un. mestiere, mi troverei contento di essere Pulcinella, e potrei campare onoratamente. Appunto perché mi hanno insegnato a leggere ho imparato un mondo di porcherie, non sono più contento del paliaccio e della polenta, e sono venuto a cercare fortuna nel paese della costipazione.


Esperienza. Amici miei, non tutto è fatto per tutti, e se tutti gli animali fossero elefanti, non si troverebbero più i somari e le galline. Le armi in mano dei soldati servono alla sicurezza e alla difesa dello stato, ma date in mano alla plebe producono soltanto risse, susurri, e ammazzamenti. Continuate a leggere la lettera.
Dialoghetti sulle materie correnti nell’anno 1831

1859 - La legge Casati

Nel dibattito alla Camera dei deputati sull’obbligatorietà dell’istruzione elementare, De Sanctis coglie nel segno quando nella tornata del 23 gennaio 1874 mette in rilievo tre termini della questione: coscrizione scolastica - coscrizione militare - Stato, capo supremo dell’educazione e dell’intelligenza del paese. (…) .
[ Il pedagogista A. Gabelli chiarirà nel 1870 la funzione della scuola primaria:]
“il giorno in cui tutti i bambini delle nostre popolazioni si trovassero, invece che a rivoltolarsi pei campi, o a girovagare per le strade, ordinati e quieti sui banchi della scuola, quel giorno l’Italia sarebbe in grado di pagare i suoi debiti.”
La scuola in Italia, Natale - Colucci - Natoli, Mazzotta

1875 - Karl Marx

“Proibizione del lavoro dei fanciulli.” Qui era assolutamente necessario dare i limiti d’età.
La proibizione generale del lavoro dei fanciulli è incompatibile con l’esistenza della grande industria, ed è perciò un vano, pio desiderio. La sua realizzazione - quando fosse possibile - sarebbe reazionaria, perchè se si regola severamente la durata del lavoro secondo le diverse età e si prendono altre misure precauzionali per la protezione dei fanciulli, il legame precoce tra il lavoro produttivo e la istruzione è uno dei più potenti mezzi di trasformazione della odierna società. (…)


“Educazione popolare uguale per tutti?” Che cosa ci si immagina con queste parole? Si crede forse che nella società odierna (e solo di essa si tratta) l’educazione possa essere uguale per tutte le classi? Oppure si vuole che anche le classi superiori debbano essere coattivamente ridotte a quella modesta educazione - la scuola popolare - che sola è compatibile con le condizioni economiche, non solo degli operai salariati, ma anche dei contadini?


“Istruzione generale obbligatoria. Insegnamento gratuito.” La prima esiste anche in Germania, il secondo nella Svizzera e negli Stati Uniti per le scuole popolari. Se in alcuni Stati dell’America del Nord anche gli istituti di istruzione superiore sono “gratuiti,” in linea di fatto ciò significa soltanto che si sopperisce alle spese per l’educazione delle classi dirigenti coi mezzi forniti in generale dalle imposte. (…)


Il paragrafo sulle scuole avrebbe dovuto per lo meno chiedere delle scuole tecniche (teoriche e pratiche) in unione con la scuola popolare.


E’ assolutamente da respingere una “educazione del popolo per opera dello Stato.” Fissare con una legge generale i mezzi delle scuole popolari, la qualifica del personale insegnante, i rami d’insegnamento, ecc., e, come accade negli Stati Uniti, sorvegliare per mezzo di ispettori dello Stato l’adempimento di queste prescrizioni legali, è qualcosa di affatto diverso dal nominare lo Stato educatore del popolo! Piuttosto si debbono ugualmente escludere governo e Chiesa da ogni influenza sulla scuola. Nel Reich tedesco-prussiano (e non si ricorra alla vana scappatoia di dire che si parla di uno “Stato futuro”; abbiamo veduto come stanno le cose a questo proposito) è lo Stato, al contrario, che ha bisogno di un’assai rude educazione da parte del popolo.


Ma l’intiero programma, nonostante tutta la fanfara democratica, è continuamente ammorbato dallo spirito di fede servile nello Stato, proprio della sètta lassalliana, o, ciò che non è meglio, dalla fede democratica nei miracoli, o è piuttosto un compromesso tra queste due specie di fede nei miracoli, entrambe ugualmente lontane dal socialismo.
Note in margine al programma del Partito operaio tedesco (Critica del Programma di Gotha)

1877 - Carlo Collodi

[...] Eccellenza! Se qui non mettiamo un tappo alla rotta dell'argine, con tutto questo straripamento continuo di leggi obbligatorie, finiremo un giorno o l'altro coll'affogare la nostra vantata libertà, quella libertà che ci costa tanti quattrini e che ancora, Dio ci liberi tutti! non è finita di pagare. Guardi che litania prolissa! Obbligatorio il far da Giurati, obbligatorio il Servizio militare, obbligatorio il pagamento delle tasse, obbligatorio il far da membro (frase indecorosa e quasi avvilitiva) nelle Commissioni di sindacato, e per giunta, obbligatoria anche l'istruzione elementare. Che si celia! In mezzo a tutta questa farragine d'obblighi, è grazia di Dio se al libero cittadino rimangono appena cinque minuti di tempo, tanto per fare una gita alpinistica sul Monte di Pietà in cerca di un orologio allo stato fossile e di un paio di lenzuoli cristallizzati.[...]
Gli analfabeti. A S.E. il Ministro Coppino, da Gli ultimi fiorentini. Vedi Il Covile237

1889 - Friedrich Nietzsche

Qual è il compito di ogni istruzione superiore? Fare dell’uomo una macchina, e imparare ad annoiarsi. Il concetto è il dovere, il modello è sgobbare. Lo stato costringe tutti i suoi servitori a comparirgli di fronte con la fiaccola dell’universale cultura nelle mani. In questo sta l’essenza della scuola: imparare ad annoiarsi per divenire funzionario o impiegato sgobbone.
Il Crepuscolo degli Dei
Nella seconda delle sue Considerazioni inattuali Nietzsche sostiene che il senso della storia è spesso nemico della vita, in quanto ci rende schiavi del passato, passivi, costretti a “chinare la schiena e piegare il capo” dinanzi alla “potenza della storia”. Ne consegue una sfiducia nella propria capacità creativa, e il formarsi di una pura erudizione da enciclopedie ambulanti, che annulla la personalità: “nessuno osa più esporre se stesso, ma ciascuno prende la maschera di uomo colto, di dotto, di poeta”. Si diventa così “uomini che non vedono quello che anche un bambino vede”.
Fonte: http://www.culturacristiana.net

1913 - Charles Péguy

C’era un tempo in cui, quando una donna qualunque parlava, la sua stessa razza, il suo stesso essere e il suo popolo parlava in suo nome. Usciva fuori. E quando un operaio accendeva la sigaretta, quello che stava per dire non era quello che il giornalista ha scritto nel giornale di stamani.
Il denaro

1914 - Giovanni Papini

Ma cosa hanno mai fatto i ragazzi, gli adolescenti i giovanetti e i giovanotti che dai sei fino ai dieci, ai quindici, ai venti, ai ventiquattro anni chiudete tante ore al giorno nelle vostre bianche galere per far patire il loro corpo e magagnare il loro cervello? (…) Con quali traditori pretesti vi permettete di scemare il loro piacere e la loro libertà nell’età più bella della vita e di compromettere per sempre la freschezza e la sanità della loro intelligenza? (…) Noi sappiamo con assoluta certezza che la civiltà non è venuta fuori dalle scuole e che le scuole intristiscono gli animi invece di sollevarli e che le scoperte decisive della scienza non son nate dall’insegnamento pubblico ma dalla ricerca solitaria disinteressata.
Chiudiamo le scuole, in Maschilità

1929 - Denis de Rougemont

Napoleone crea il modello di Nazione centralizzata in vista della sua rapida mobilitazione da parte dello Stato. Si tratta di allineare i corpi attraverso la coscrizione universale e obbligatoria; gli spiriti con l’istruzione universale e obbligatoria; e le curiosità con la stampa pilotata, che si alimenta di sole agenzie nazionali. Queste tre ambizioni giacobine, lungamente combattute da tutti i libertari, finiscono per trionfare, pressoché in contemporanea, in quasi tutti i Paesi d’Europa, poco dopo 1880.
Le due guerre mondiali del 1914 e del 1939 sono i risultati inevitabili del nazionalismo statalista, e per retroazione lo rinforzano. Sia che lo Stato si professi apertamente totalitario, sia che si faccia ancora passare per liberale, la Scuola diventa uno strumento di condizionamento economico e militare. […]
Perché è assolutamente necessario che tutti facciano la stessa cosa nello stesso tempo? Perché questa disciplina della classe che non è per nulla una disciplina dello spirito? Questa “correzione” contraria ad ogni senso creativo - e che consiste nel non “debordare” quando si colora un’immagine?
Perché bisogna ridurre il bambino - considerato come una materia prima - alla docilità dell’uniformità?
Perché lo scopo tacito e ultimo della Scuola è di formare agenti di accrescimento del Pil se ci si riferisce agli Stati Uniti; dei soggetti obbedienti ad una Nazione, pronti al sacrificio militare, se si è in Europa occidentale; o infine dei militanti telecomandati all’interno dei Paesi totalitari. (Queste tre motivazioni esistono in verità ovunque; ma in modo piuttosto ineguale).
I misfatti dell’istruzione pubblica

1933 - José Bergamin

La decadenza dell’analfabetismo è la decadenza della cultura spirituale quando la cultura letterale la perseguita e la distrugge. Tutti i valori spirituali appassiscono se la lettera o le lettere morte sostituiscono la parola, che si esprime soltanto a viva voce. Il valore spirituale di un popolo è in ragione inversa alla diminuzione del suo analfabetismo pensante e parlante. Perseguitare l’analfabetismo significa perseguitare bassamente il pensiero: perseguitarlo per l’orma, luminosamente poetica, che lascia nella parola. Le conseguenze letterali di questa persecuzione sono la morte del pensiero: e un popolo, come un uomo, non esiste che quando pensa, cioè quando crede, come il fanciullo: quando crede di giocare. Tutto ciò che sfugge al gioco poetico del pensare è perduto, irrimediabilmente perduto: perché lascia la verità della vita, che è l’unica vita di verità, quella della fede, quella della poesia, per la menzogna della morte. Si vuole prender tutto senza fede, a piè della lettera; e abbiamo già visto che tutto ciò che sta a piè della lettera è stato ucciso dalla lettera, che tutto ciò che sta a piè della lettera è morto. La decadenza dell’analfabetismo è, semplicemente, la decadenza della poesia. Dicevo che possiamo osservare in noi stessi il processo di questa decadenza, perché è la decadenza del nostro pensiero quando perdiamo la fede poetica, quando ci alfabetizziamo: e non abbiamo fede quando non abbiamo ragione vera, ragion pura, quando abbiamo sradicato il nostro pensiero dalla poesia: quando utilizziamo o alieniamo praticamente la nostra ragione; perché pratichiamo la lettera invece di praticare la parola, come ha detto l’apostolo; e questa sì che è alienazione razionale: la follia e la stupidità dell’alfabetismo.
Decadenza dell’analfabetismo

1959 - Marcel de Corte

Non solo i nostri ragazzi vanno a scuola, ma noi ammettiamo tacitamente, senza la minima ribellione, che essi passino al laminatoio scolastico fino all’età di sedici o diciott’anni. Tolleriamo, poi, che i programmi e i metodi di insegnamento siano fissati minuziosamente dallo Stato. Verrà il tempo in cui gli uomini, in certi paesi passeranno un terzo, se non la metà della vita sui banchi di scuola.

È mostruoso. Nota Jean Madiran che non c’è alcuna ragione valida per intruppare legalmente tutti quanti a scuola fino al termine dell’adolescenza. Questa pretesa diffusione dei lumi nasconde in realtà una intenzione oscurantista, che “presuppone arbitrariamente che tutto possa essere imparato su un banco e una sedia, di fronte ad un tavolo, con dei libri e dei quaderni davanti, ascoltando lezioni e discorsi, e che tutti gli spiriti siano fatti nello stesso modo, per imparare con questo metodo”. Lo spirito umano si forma altrettanto bene di fronte ad un campo, una cucina, una stalla, degli utensili; insomma di fronte a delle cose che resistono alla sua azione, e alle quali esso imprime, con un incessante moto dallo spirito al reale e dal reale allo spirito, una finalità propriamente umana. Si forma sulla terra da lavorare, nella casa da ri-governare, nell’officina, e tanto più in quanto questa formazione si trasmette non come da un sacco pieno di conoscenze ad uno vuoto, ma per mezzo dell’esempio che stimola la ricerca e l’invenzione, apre l’anima e il corpo al reale, eccita la creatività. Qui è la vera educazione, nella natura delle cose affrontata attraverso la mediazione dell’esempio. E non ci si venga a dire che un rimedio è l’introduzione nelle scuole delle “lezioni pratiche”, le quali, perfino nei laboratori o nell’insegnamento superiore, sono spesso null’altro che la “teoria della pratica”, e conducono soltanto all’intellettualizzazione del reale mediante l’applicazione di formule apprese in precedenza. La realtà concreta degli esseri e delle cose si perde nel maneggiare le idee e le misure astratte. Il “tutto risolto” divora il reale, che ne diventa semplicemente il punto di inserzione.
La crisi delle élites (Conferenza tenuta all’Istituto Canadese di Québec nel dicembre 1959)

1970 - Ivan Illich

In tal modo si toglie ai poveri il rispetto per se stessi convertendoli a un credo che assicura la salvezza solo mediante la scuola. La Chiesa per lo meno lasciava la possibilità di redimersi nell’ora della morte; la scuola lascia soltanto l’aspettativa (contraffazione della speranza) che ce la faranno i nipoti. (…)
Sotto l’occhio autoritario dell’insegnante, parecchi ordini di valore si riducono ad uno solo. Le distinzioni tra morale, legalità e dignità personale si attenuano sino a sparire. Ogni trasgressione viene fatta sentire come un cumulo di mancanze: il colpevole è tenuto a rendersi conto che, in un sol colpo, ha violato una regola, si è comportato in modo immorale e si è screditato. L’allievo che riesce abilmente a farsi aiutare durante una prova d’esame è un fuorilegge, un essere moralmente corrotto, una persona indegna. (…)
Il mero fatto che esistano scuole obbligatorie divide ogni società in due regni: certi periodi o processi o metodi o professioni sono “accademici” o “pedagogici”, mentre altri non lo sono. Il potere della scuola di dividere in questo modo la realtà sociale è illimitato: l’educazione viene staccata dal mondo e il mondo diviene non educativo. (…)
Certo il dare a tutti eguali possibilità d’istruzione è un obbiettivo auspicabile e raggiungibile, ma identificare questo obbiettivo nella scolarizzazione obbligatoria è come confondere la salvezza eterna con la chiesa.
Descolarizzare la società

1975 – Pier Paolo Pasolini

Prima tragedia: una educazione comune, obbligatoria e sbagliata che ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere a tutti i costi (…) L’educazione ricevuta è stata: avere, possedere, distruggere. (…) Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere il padrone senza diventare quel padrone. Poiché erano esclusi da tutto, nessuno li aveva colonizzati. (…) Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra in Borsa uso quella. Altrimenti una spranga.
Intervista rilasciata a F.Colombo