Il Covile | | | | |

Consonanze: fatica e orgoglio dei costruttori



Fu veramente molti anni fa che mi colpì questo pensiero di Ludwig Wittgenstein:
“Longfellow:
«Ai tempi antichi dell’arte
i costruttori cesellavano con la massima cura
ogni particolare minuto e invisibile
perché gli dèi sono dappertutto»
(Mi potrebbe servire come motto).”
si trova in Pensieri Diversi, ed. Adelphi, a pagina 72; il curatore, Michele Ranchetti, osserva che nell’originale l’ultimo verso suona “For the gods see everywhere”.
Iniziò allora una delle mie microscopiche collezioni che nel tempo si è arricchita di pochi ma fondamentali brani sul lavoro benfatto, sui compiti e sulle difficoltà dei costruttori ed anche sul loro legittimo vanto. Da qualche anno però la raccolta era ferma perché mancava un pezzo importante: la traduzione dell’intero testo di Longfellow, il punto di partenza, mai comparsa nella nostra lingua. Ora, grazie all’amico Claudio D’Ettorre che ha lavorato con la precisione di un certosino, posso finalmente dichiararla terminata e presentarvela.

Henry Wadesworth Longfellow: I Costruttori


Tutti siamo architetti del Fato,
Lavorando su queste mura del Tempo;
Alcuni con gravosi atti e grandi,
Alcuni con gli ornamenti della rima.

Niente è inutile, o infimo;
Ogni cosa nel suo luogo è la migliore;
E quello che sembra ozioso
Rafforza e sorregge il resto.

Perché la struttura che noi eleviamo,
Il Tempo di materia è colmata;
I nostri oggi e i nostri ieri
Sono i blocchi coi quali noi costruiamo.

Veramente forma e stile;
Non lasciare di mezzo che sbadiglino delle fessure;
Non pensare, poiché nessuno le vede,
Che tali cose rimarranno invisibili.

Nei più lontani giorni dell'Arte,
I costruttori batterono con la più grande cura
Ogni parte minuta e non vista;
Perché gli Dei osservano ovunque.

Ci lascino fare bene il nostro lavoro,
Entrambi, l'invisibile ed il visibile;
Fare la casa, dove gli Dei possano indulgere,
Bella, intera, e pulita.

Tuttora le nostre vite sono incomplete,
Stando in piedi su queste mura di Tempo,
Scalinate rotte, dove i piedi
Inciampano cercando di salire.

Costruisci l'oggi, dunque, forte e sicuro,
Con una solida ed ampia base;
E salendo e sicuro
Il domani troverà il suo posto.

Così soltanto raggiungeremo
Quelle torri, da cui l'occhio
Osserva il mondo come un'enorme pianura,
Ed un illimitato distendersi di cielo.
Traduzione di Claudio D'Ettorre

Constantinos Kavafis: Il primo scalino


Con Teocrito un giorno si doleva
il giovane poeta Eumene: «Sono
più di due anni che scrivo
e non ho fatto che un solo idillio,
è l'unica mia opera compiuta.
Ahimè vedo che alta
troppo alta è la scala alla Poesia;
sto sempre sul primo scalino,
l'andare in su non è nelle mie forze».
E Teocrito: «Queste parole
sono indegne e blasfeme.
Di stare sul primo gradino
considerati orgoglioso e felice,
ciò che hai raggiunto non è poco
ciò che hai fatto va a tuo vanto.
Sappi che questo primo scalino
avanza di molto la gente comune,
che per salire anche questo scalino
si deve'essere, di pieno diritto,
cittadini della città delle Idee.
In questa città è disagevole e raro
trovar cittadinanza. Vi sono nel suo arengo
legislatori che nessuno può ingannare.
Ciò che hai raggiunto non è senza importanza
ciò che tu hai fatto va tutto a tuo vanto».
Constantinos Kavafis, Cinquantacinque Poesie, traduzione di Nelo Risi, Einaudi

Thomas Stearns Eliot: Ai giorni di Neemia


C'è chi vorrebbe edificare il Tempio,
E chi preferirebbe che il Tempio non fosse edificato.
Ai giorni di Neemia il Profeta
Non c'era alcuna eccezione alla regola generale,
Nel palazzo di Susan, nel mese di Nisan,
Egli servì del vino al re Artaserse
E pianse per la città diruta, Gerusalemme;
E il re diede licenza di partire, in modo che potesse
Edificare di nuovo la città.
Così egli andò, con pochi, fino a Gerusalemme,
E passando vicino al pozzo del dragone e alla porta del letame,
Vicino alla porta della fonte e all'acquedotto del re
Considerò Gerusalemme distrutta, consumata dal fuoco;
Nemmeno un animale aveva spazio per cui passare.
C'erano fuori nemici per distruggerlo,
E dentro c'erano spie e opportunisti,
Quando lui e i suoi uomini posero mano a riedificare il muro.
Così edificarono come gli uomini devono edificare,
Con la spada in una mano e la cazzuola nell'altra.
T.S.Eliot, Cori da “La Rocca”, traduzione di Roberto Sanesi, Rizzoli

Czeslaw Milosz: Perseguire un fine


Per realizzare qualcosa occorre dedicarvisi interamente, al punto che un’altra persona non potrebbe mai neppure immaginare una simile esclusività. Che è ben lungi dal ridursi alla quantità di tempo impiegato. Vi sono ancora innumerevoli espedienti e motivi attuati nei riguardi di se stessi, lente trasformazioni di tutta la persona, come se un fine supremo, travalicante volontà e conoscenza, spingesse in un’unica direzione e organizzasse il destino.
Czeslaw Milosz, Il cagnolino lungo la strada, Adelphi, pag. 77

Sun Tzu: L’esperimento di Wu


Sun Tzu era nato nello stato di Qi. Grazie al suo trattato, ottenne udienza presso il re di Wu, che così lo interrogò: «Ho letto con cura la Vostra opera in tredici libri; sarebbe ora possibile fare un piccolo esperimento di conduzione delle truppe?».
«Si può fare», rispose Sun Tzu.
«Anche usando le mie donne?», chiese il re. «Certamente», fu la risposta.
Raggiunto l’accordo, il re fece uscire le bellezze del suo harem, raccogliendone centottanta.
Sun Tzu le divise in due gruppi, ponendo al comando le due favorite e ordinando di impugnare le alabarde.
Chiese poi: «Conoscete voi la sede del cuore, la mano, sinistra, la mano destra e le spalle?».
«Le conosciamo», risposero le donne.
«Se dico “Avanti”», continuò Sun Tzu, «guardate verso il cuore; se dico “A sinistra”, guardate la mano sinistra; se dico “A destra”, guardate la mano destra; se dico “Indietro”, guardate alle spalle.»
Le donne assentirono.
Una volta esposte queste regole, furono approntate le asce da esecuzione, dopo di che gli ordini furono impartiti tre volte e spiegati cinque volte. Al rullo dei tamburi si comandò di volgersi a destra, e le donne scoppiarono in una grande risata.
Sun Tzu disse: «Se le regole non sono chiare e le spiegazioni sono prive di fervore, la colpa è del generale».
Dopo aver ripetuto per altre tre volte gli ordini e per cinque volte le spiegazioni, al rullo dei tamburi si ordinò di volgersi a sinistra; ancora una volta le donne risero rumorosamente.
Sun Tzu disse: «Se le regole non sono chiare e le spiegazioni sono prive di fervore, la colpa è del generale; se, dopo i chiarimenti, non ci si conforma alle regole, la colpa è degli ufficiali».(*)
Ciò detto, Sun Tzu espresse l’intenzione di far decapitare le comandanti dei due gruppi.
Vedendo che si voleva uccidere le sue amate concubine, il re di Wu, che osservava dall’alto d’una terrazza, fu colto da grande timore e fece recapitare il seguente messaggio: «La mia modesta persona ha già capito che il generale sa impiegare le truppe. Se sarò privato di queste due concubine, il cibo non avrà più dolcezza. E' quindi mio desiderio che non vengano decapitate».
«Il vostro servitore» — replicò Sun Tzu — è già stato nominato generale, e quando un generale comanda l’esercito può anche non accogliere alcuni degli ordini del suo Signore.»
Ordinò quindi di decapitare le due donne per dare un esempio.
Dopo aver posto al comando le concubine immediatamente inferiori per rango, fece di nuovo rullare i tamburi. Le donne andarono a destra e a sinistra, avanti e indietro, inginocchiandosi e rialzandosi in perfetto ordine e senza azzardarsi a fiatare.
A quel punto Sun Tzu inviò un messaggero dal re col seguente rapporto: «Le truppe sono ora ordinate, e il re può scendere per passarle in rivista. Egli potrà impiegarle come vorrà, spingendole anche attraverso l’acqua e il fuoco»
Il re rispose: «Il generale può ritirarsi nei suoi alloggi e riposarsi. Non è Nostra intenzione procedere alla rivista».
«Il re ama le belle parole, ma non sa metterle in pratica», commentò Sun Tzu.
Il re capì allora che sapeva realmente impiegare l’esercito, e lo nominò suo generale. Ad ovest, Sun Tzu sconfisse il potente stato di Chu, penetrando nella città di Ying; a nord, intimorì gli stati di Qi e di Jin.
La fama che ottenne presso i signori feudali era quindi basata su effettive capacità.

Sun Tzu, L'arte della guerra, traduzione e cura di Riccardo Fracasso, Tascabili Economici Newton.

(*) La reazione di Sun Tzu viene così descritta nel Wu Yue Chunqiu: «Sun Tzu volse lo sguardo e vide che ridevano allegramente e senza sosta. Una grande ira lo colse facendogli improvvisamente sbarrare gli occhi, e la sua voce si fece simile al ruggito d’una tigre spaventosa. Si spinse indietro il berretto spezzandone i legacci laterali e ordinò di andare a prendere l’ascia da esecuzione, in osservanza dei regolamenti militari».