Febbraio 1999 - Incontro di Camaldoli su “Natura e spiritualità”
Intervento di Giannozzo Pucci


“Laudato sii mi' Signore per sora nostra madre terra la quale ce sustenta et ce guverna”
In queste parole del Cantico delle Creature c'è un'affermazione principale e due coppie di riconoscimenti che contengono il senso della natura per l'uomo e il cristiano.

Laudato sii mi' Signore

La lode a Dio a causa della terra è la base di tutto e collima con San Paolo nella lettera ai Romani quando dice che "le opere di Dio dalla creazione del mondo manifestano agli uomini le sue perfezioni invisibili, il suo eterno potere e divinità", egli spiega le conseguenze della mancata lode al Creatore per la sua creazione. "Hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili... Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi…poiché essi hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli" (Rom. 1,16-25).

La creazione contiene un ordine che è bello e buono, partecipare ad esso col lavoro delle proprie mani produce la pace interiore e riempie di significato e di gioia l'esistenza. Fin dai tempi più antichi la coltivazione della terra è stata sinonimo di pace.

Giovanni Haussmann nel suo testamento di scienziato e di storico dell'agricoltura riconosce che sul piano materiale la gerarchia delle finalità umane contempla sempre, al primo posto l'utile individuale: per questo in una società materialista non è possibile attendersi dall'uomo un comportamento razionale e rispettoso della natura, perché gli individui saranno guidati da mille interessi più diversi con priorità assoluta rispetto a finalità superiori di cui pure sarebbero beneficiari. Se dunque si vuole un capovolgimento radicale del processo di degradazione della terra, bisogna rivolgersi ai moventi morali.

Chi pone la creatura al posto del Creatore, l'immagine dell'uomo corruttibile al posto della gloria di Dio incorruttibile, non può capire il senso della natura né rispettare il suo ordine.

per sora nostra madre terra

La prima coppia di riconoscimenti è che la terra è nostra sorella perché deriva da Dio come l'uomo e perciò gode della comune figliolanza potenziata dalla carità del cristiano che la ama non con il suo amore ma con quello che gli viene da Dio. Ma è anche madre perché "Il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra"(Genesi 2,7) nella quale depositò il suo soffio.

La quale ce sustenta et guverna

Madre e sorella la terra si dimostra con i fatti perché da essa traiamo quanto serve alle necessità materiali, ma anche la guida al governo della vita che la morale della sussistenza indica.

Ogni religione riecheggia qualcosa di questi valori, i quali, come argomenti centrali di una delle più importanti preghiere della cristianità, dimostrano che la comprensione del posto umano nella natura abita le radici della nostra civiltà

Tali radici sono state sepolte dai sistemi di pensiero e lavoro che hanno sviluppato il sistema industriale negli ultimi due secoli. La caduta delle ideologie e la conseguente diffusione del liberismo in tutto il mondo sembrano aver lasciato la società nella più profonda miseria etica, con in mano il solo strumento della scienza incapace di fornire motivazioni morali. Diversi ecologisti e gran parte dei teologi seguono i criteri della razionalità scientifica. Molti movimenti verdi hanno basato le loro motivazioni per lottare contro l’inquinamento sull’interesse materiale degli individui all’acqua pura, all’aria pulita, al cibo non manipolato. Ne è derivata una tendenza a specializzarsi, ad occuparsi degli effetti invece delle cause, a dare per scontato che l’attuale sistema economico sarebbe perfetto se solamente smettesse di avvelenare l’aria e l’acqua, di degradare la terra e gli ecosistemi, di sprecare, di corrompere i politici e sedurre i bambini. E l’illusione che l’attuale civiltà del nostro benessere tecnologico possa smettere di compiere regolarmente questi delitti senza radicali modifiche al nostro modo di vedere il mondo e di vivere, è diffusa sia fra gli ecologisti che fra i cattolici.

Il tipico teologo moderno, come riconosce il cardinale Ratzinger, sembra quasi imbarazzato dall’idea della creazione e si sente più a suo agio nel meccanicismo scientifico come spiegazione dell’universo.

Proprio nell’epoca della crisi della scienza e delle ideologie, quando sembrano emergere e a volte vincere nelle avanguardie laiche gli elementi profetici contenuti in alcune proposizioni del Sillabo, la Chiesa dà l’impressione di essere particolarmente preoccupata di non perdere contatto col mondo della ricerca scientifica concentrandosi sugli effetti dell’attuale tecnologia ed economia piuttosto che sulle cause.

Per tre secoli la Chiesa è diventata sinonimo di arretratezza per la condanna a Galileo e le coraggiose posizioni dei papi contro le aberrazioni delle ideologie e quando alcune delle sue antiche tesi, mai abrogate, stanno diventando novità di speranza, essa toglie la condanna a Galileo e si allinea alle posizioni degli scienziati più vecchio stampo. D’altra parte il mondo cattolico, per timore di restare indietro, ha spesso sposato i postulati filosofici dell’industrialismo e progressismo scientista con la riduzione della fede al rango di sovrastruttura senza conseguenze pratiche.

Gli ecologisti e i teologi hanno difficoltà a considerare la natura sia come fonte di una retta etica sociale sia nella sua dignità divina, cioè in quanto creazione nel suo aspetto di giudizio e rivelazione di Dio per l’uomo.

Una parte delle filosofie ambientaliste seguono la teoria di Rousseau, secondo cui l’uomo sarebbe naturalmente buono ma è la società che lo rovina. Con lo stesso principio la natura naturalmente buona può solo essere rovinata dalla società e dall’uomo. Sulla base di questa ispirazione, che accetta passivamente l’ideologia baconiana del dominio dell’uomo sulla natura, si è sviluppato il movimento dei parchi naturali, dove la natura, protetta dalla presenza dell’uomo, ritroverebbe la sua identità originaria. Anche quei teologi che aderiscono alla liceità della violenza scientifica sulla natura per carpirne i segreti se questa è finalizzata al bene dell’uomo, rinunciano alla visione ebraico-cristiana della natura.

Gary Nabahn, un ricercatore di piante, riferisce emblematicamente di due oasi nel deserto di Sonora. La prima, in Arizona, cominciò a languire quando la direzione del parco in cui si trova, decise di trasformarla in un santuario per gli uccelli e, per proteggere meglio gli animali selvatici, trasferì altrove gli indiani che coltivavano e vivevano nella zona. L’altra oasi, situata in Messico subito al di là della frontiera, da tempo abitata e custodita da una comunità di indiani Papago è piena di vita. Un ornitologo vi ha trovato il doppio delle specie di uccelli che nel santuario per gli uccelli in Arizona. Gli indiani hanno spiegato il fenomeno: “Gli uccelli vengono dove c’è l’uomo. Quando si vive e si lavora in un posto, si semina, si piantano alberi e si irrigano, gli uccelli vengono a stare con noi. Gli piacciono questi posti, c’è abbondanza di cibo e vi dimostriamo loro la nostra amicizia.”

Ecco una pratica manifestazione del dominio dell’uomo sulla natura contenuto nella Genesi.

Gran parte dell’immensa distruzione di varietà di piante e animali avvenuta nell’ultimo mezzo secolo si deve alla scomparsa delle comunità contadine e di persone che rispettano il comandamento “mangerai il pane col sudore della tua fronte”. Un compito a cui gran parte dei popoli indigeni e rurali del mondo, dagli indios dell’Amazzonia ai cacciatori esquimesi, hanno assolto con competenza ecologica. L’idea di una separazione fra uomo e natura deriva dal pensiero scientifico non dal Vecchio Testamento, per il quale l’uomo non è trascendente rispetto alla natura e per questo ha la capacità di dominare dando il nome agli animali. L’atto di dare il nome è la rappresentazione simbolica del tipo di dominio dato da Dio su una comunità di esseri creati che Adamo trova già al momento della sua nascita. Dio non si serve dell’uomo per creare la terra, ma lo pone per ultimo al centro di un ordine da Lui voluto e che deve essere governato secondo le Sue leggi.

San Tommaso d’Aquino sostiene che “gli errori di comprensione della creazione a volte portano lontano dalla vera fede” (Summa Contra Gentiles, Libro III.1.)

Il compito affidato da Dio all’uomo è moltiplicare la vitalità della natura con la propria opera. Sembra questo anche il senso, nel Vecchio Testamento, di Terra Promessa che non è un dono permanente, ma dura finché viene usato con rispetto e giustizia. E’ ripetuto più volte che “al Signore, Iddio tuo, appartengono i cieli e i cieli dei cieli, la terra e tutto quanto essa contiene” (Deuteronomio 10:14).

Ciò che è dato non è la proprietà ma una specie di affidamento. Come segno della sua proprietà Dio pretese un sabato per la terra, che doveva essere lasciata incolta ogni settimo anno e un sabato dei sabati ogni cinquant’anni che ritualizzasse l’osservanza dei limiti del controllo umano sulla natura.

Infine la terra non è data come ricompensa ma come impegno morale. Che questo impegno investa direttamente le forme di uso della natura lo si desume anche da precetti come “non fare accoppiare una bestia con altra di diversa specie” (Levitico, 18,19) oppure “Se incontri nel tuo sentiero…un nido di uccelli…lascia andar via la madre e prendi solo i piccoli” (Deuteronomio 22, 6-7).

La disciplina ecologica è radicata nella storia del peccato originale. La morale che traspare dalla creazione riecheggia il determinismo delle leggi fisiche nel comando di Dio ad Adamo: “Non mangerai di quei frutti altrimenti tu muori”.

Molte innovazioni scientifiche e tecnologiche sono presentate per i loro benefici, trascurando i rischi, anche il serpente nell’Eden dice “non è vero che morirete”, ma ogni violazione morale ha effetti negativi sul piano materiale. La crisi ecologica è la prova di una concatenazione di violazioni della morale della creazione.

Dice il papa “quando l’uomo disobbedisce a Dio e rifiuta di sottomettersi alla sua potestà, allora la natura gli si ribella e non lo riconosce più come signore” (S.R.S.30).

Il cristianesimo porta al culmine la disciplina ecologica del Vecchio Testamento.. La venuta di Dio creatore nella Sua creazione ne conferma definitivamente i precetti “non scomparirà dalla legge neppure una virgola finché non sia tutto adempiuto” (Mt. 5, 18).

E’ significativo che le tentazioni di Gesù nel deserto riguardino per due terzi la violazione di leggi del creato: trasformare le pietre in pani e vincere la forza di gravità.

I miracoli nel Nuovo Testamento sono invece personalizzati e hanno come presupposto la fede “Sicchè per la loro incredulità non vi fece molti miracoli” (Mt. 13,58): è Dio stesso che sprigiona la salute insieme alla Sua salvezza.

Alcuni teologi, le cui tesi sono molto diffuse nel mondo cattolico, sostengono che se il creatore ha posto nel mondo la possibilità ad esempio della plastica, della fissione dell’atomo e della manipolazione dei geni, lo ha fatto con l’intenzione che l’uomo, nel suo cammino lungo la storia, le potesse scoprire e usare responsabilmente per la promozione della sua esistenza e il perfezionamento della creazione. Dio, insomma, avrebbe giocato a nascondino con la conoscenza umana, e invece di dargli subito le pietre già trasformate in pani, gli avrebbe nascosto le infinite possibilità materiali della natura per costringerlo a scoprirle. Nella creazione come essa appare non vi sarebbe un significato morale, ma solo tramite la scienza e la violenza alla natura, si può arrivare a carpirne i segreti il cui senso è servire all’utilità dell’uomo. Questa concezione considera la scienza sempre legittima, neutrale, cioè al di là del bene e del male e unico strumento del dominio sulla natura consegnato da Dio all’uomo. Scompare così il nome dell’albero che ha iscritto nel peccato originale il tema dell’etica della conoscenza e viene definitivamente sepolta la dignità data espressamente da Gesù alla conoscenza semplice, dei bambini, quella che Saint Exupery ha descritto magistralmente nelle pagine del Piccolo Principe. Tale genere di conoscenza riecheggia, nell’unico modo possibile all’uomo, l’onniscenza di Dio che non è specializzata perché tiene conto della comunicazione fra tutto il creato. Invece la scienza procede per settori e quanto più si approfondisce la conoscenza nell’ambito di un settore tanto più ci sia allontana dalla comunicazione con gli altri. Questo è anche il senso della morale contenuta nel racconto biblico della Torre di Babele.

Un’altra diffusa idea di dominio dell’uomo sulla natura come essere separato e diverso da essa è quella che si riferisce al coinvolgimento della natura nelle conseguenze del peccato originale. Secondo questa concezione è l’uomo che avrebbe il potere di riscattare la creazione dagli effetti della colpa d’origine avendocela egli stesso trascinata. In buona parte questa sarebbe la giustificazione filosofica anche della società tecnologica. Si tratta di un modo di pensare che non ha nulla a che vedere con il cristianesimo. La colpa originale produce delle conseguenze sulla natura che diventano condizioni necessarie della vita giusta sulla terra e perciò del riscatto umano: “ti guadagnerai il pane col sudore della fronte”. L’uomo non ha alcun potere di riscattare la natura al di là del rispetto delle sue leggi: solo Dio può fornire sia all’uomo che alla natura la liberazione dagli effetti della colpa. Anche la venuta di Gesù creatore nella natura e nell’umanità le dà la possibilità di assaggiare un anticipo del suo destino e, pur assumendo i credenti nella sfera divina, perciò liberi dalla soggezione all’autorità delle leggi di natura, questi vengono ispirati ad un rispetto amoroso della natura della stessa qualità dell’amore di Chi l’ha creata.

Postulare per la scienza e la tecnica una specie di franchigia dal peccato originale significa aderire intimamente alla filosofia illuminista, abolire il concetto di peccato, perché tutto ciò che è scopribile scientificamente e sfruttabile dall’uomo sarebbe stato voluto da Dio: ciò equivale a negare la morale cristiana.

Il buon selvaggio di Rousseau assomiglia molto all’uomo tecnologico dell’universo consumista: tutti e due sono tentativi di tornare indietro al Paradiso Terrestre, l’uno come abbandono alla supposta bontà dell’istinto animale, l’altro come costruzione di un Eden artificiale che sostituisca la verità col benessere, inteso come soddisfacimento degli istinti ribattezzati “bisogni”.

E’ paradossale che proprio quel progresso che ha posto fra i suoi dogmi “Non si può tornare indietro” costituisca un’immenso, prometeico sforzo di ricostruzione dell’Eden. Accettare che non si può tornare indietro riguarda essenzialmente la soglia del Paradiso terrestre. Il cristianesimo permette di superarla in avanti, nel rispetto delle leggi morali a cui è sottoposta anche la conoscenza. Dio indica ad Adamo l’illiceità di un certo tipo di conoscenza sia prima che dopo la caduta.

La crocefissione della natura per strapparle i segreti si oppone al progetto divino di “fare nuove tutte le cose” rispettandone l’identità e dilatandone al massimo il compimento. L’eden tecnologico e virtuale tende invece a deformarle, riducendole a quelle poche utilità capaci di garantire profitti crescenti all’industria e la soddisfazione di bisogni specializzati dell’uomo.

In questa epoca di miseria morale riemerge con forza la verità della tradizione ebraico/cristiana opportunamente coadiuvata da alcuni dei miti greco romani che ancora risuonano nell’inconscio collettivo dei popoli europei e mediterranei.

Gli ecologisti che hanno scoperto la via della riconciliazione con la natura nella concreta possibilità di portare la società umana in simbiosi con la terra, devono anche comprendere che non ci si arriva con una teoria scientifica o con una nuova ideologia, ma attraverso la riscoperta delle verità naturali dell’etica cattolica che comprende anche la morale sessuale ma non si ferma ad essa. Mentre i cristiani che sentono l’imperativo interiore di dare conseguenze pratiche alla fede, trovano profonde consonanze nel bisogno dei movimenti verdi di riscoprire e seguire il piano di Dio sulla natura. “Sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra”.

Le coscienze di molte persone percepiscono che si tratta di un argomento essenziale per la civiltà occidentale.

Negli ultimi mesi, dopo la pubblicazione dei fascicoli della Monsanto sulla cancerogenesi dei cibi transgenici e dopo l’obbligatorietà nell’Unione Europea della loro certificazione, le azioni della Monsanto hanno perso metà del valore di borsa, in giugno la maggiore banca europea, la Deutsche Bank, ha consigliato ai grandi investitori di evitare le società impegnate nell’ingegneria genetica per i rischi del settore legati alla contrarietà degli aquirenti. Un’indagine di mercato su 1000 consumatori inglesi ha dimostrato che gli alimenti transgenici hanno superato la mucca pazza come fonti di rischio nella mentalità comune. La fobia contro queste manipolazioni alimentari si è diffusa nel frattempo anche in Giappone, dove i produttori di Tofu stanno tornando alla soia naturale mettendo a rischio l’importazione di oltre mezzo milione di tonnellate di soia manipolata, per lo più americana. E negli Stati Uniti, dove alle imprese agricole era stato promesso un futuro di profitti crescenti col passaggio ai semi geneticamente manipolati, ora le compagnie di intermediazione, che hanno in mano il mercato, ritirano solo prodotti distinti di cui sia assicurata la derivazione da sementi transgeniche o naturali, il che per molti è impossibile assicurare data la vicinanza fra le piante e le conseguenze sconosciute delle reciproche impollinazioni.

Che senso ha, in questo panorama, che la Chiesa, la cui prudenza spesso impone il passaggio di secoli prima di riconoscere un santo, attraverso mons. Elio Sgreccia, apra la porta all’ingegneria genetica animale e vegetale, confermando la teoria della distinzione fra uomini e altre forme di vita e giustificando i dubbi sul mezzo col fine di sconfiggere la fame nel mondo?

Le suore benedettine di Santa Marta a Firenze hanno ospitato in giugno cinquanta componenti della carovana di contadini che dalle campagne dell’India sono venuti a chiedere ai responsabili dell’Unione Europea di opporsi alle sementi transgeniche per la grave minaccia che esse costituiscono per i poveri del mondo. Essi hanno testimoniato come tutte le scoperte tecnologiche che hanno aumentato le produzioni in agricoltura hanno anche allargato la piaga della fame nei paesi poveri, perché hanno accresciuto la dipendenza dei poveri dall’industria dei paesi ricchi che usano la terra per il profitto, non per dar da mangiare a chi non ha soldi per comprarsi il necessario.

Gli errori dei monsignori vaticani sminuiscono la forza profetica della Chiesa che può essere decisiva in una società che ha bisogno di orientamenti.

La Chiesa ha anche altri compiti, ma sul piano della natura, sia come cattolici che come verdi, le chiederemo con sempre maggior forza un impegno morale più approfondito e rispettoso dell’impronta divina della creazione. Oltretutto concentrandosi sugli effetti dell’attuale tecnologia ed economia piuttosto che sulle cause e chiedendo, senza la possibilità sostanziali e rilevabili conseguenze, maggiore moralità pratica, cioè maggiori costi, a grandi compagnie finanziarie il cui unico scopo è il profitto, si rischia di agire secondo una insuperata definizione di San Tommaso d’Aquino: “quomodo sine peccato ad peccatum liceat accedere”. Occorre perciò attingere al coraggio e alla chiarezza dimostrata dalla Chiesa nei tempi in cui era riferimento per tutta la società, quando la sua dottrina sociale aveva il valore di fonte normativa e non temeva di condannare con decisione, ad esempio, il prestito con interesse: oggi questa condanna potrebbe essere essere una proposta forte allo sviluppo delle banche etiche come identità sia del mondo cattolico che verde.

E’ tempo che cattolici e verdi sulla base di un nuovo Codice di Camaldoli, dopo oltre mezzo secolo di sviluppo modernista, elaborino un progetto politico per la società italiana basato sulla ricostruzione della campagna e della città che aiuti i popoli di questa terra a riscoprire nella loro tradizione i valori dell’armonia coi cicli naturali.

Il Creatore e tutta le creazione sono un vasto e santo mistero che può parlare ai nostri cuori soltanto se siamo preparati e se ascoltiamo, preparati dalla preghiera.

Laudato sii mi’ Signore per sora nostra madre Terra.

Giannozzo Pucci