Firenze sogna - Il messaggio di Firenze al Convegno Europeo dei Verdi
Giannozzo Pucci, dicembre 1988



Cosa vuoi dire per questo Convegno essere a Firenze?

Voglio qui rifarmi all'insegnamento di un grande sindaco di Firenze, Giorgio La Pira.

Le cose della natura, e a cultura e anche le città portano con sé, attraverso le generazioni, gli eventi a cui hanno partecipato e che depositano in loro dei segni che ne definiscono l'identità e la vocazione.

Anche le città hanno una vocazione e un destino, i cui tratti emergono in particolari momenti della storia. Perciò, per scoprire l'anima, il significato di Firenze, bisogna interrogare la storia.

Non si tratta qui di aspirare con nostalgia al passato, ma di riconoscere che il passato è la radice dell'avvenire, come i1 frutto che porta in sé il seme, la radice dell'albero.

Perché si viene a Firenze? Perché questo pellegrinaggio secolare verso una città che non è mai arrivata a mezzo milione di abitanti? Cosa si viene a cercare qui dall'America, dall'Asia, dall'Africa?

A Firenze si cerca la chiave di quella civiltà occidentale che ha invaso il mondo.

Qui, infatti, è stata realizzata, per la prima volta nell'arte la prospettiva geometrica, cioè quel guardare alle cose e alle persone come se fossero oggetti, che diventerà l'essenza del metodo scientifico.

Qui si è definito per la prima volta il tempo come proprietà privata dell'uomo, che ora ci ha portato al « time is money ».

Da Firenze Paolo Dal Pozzo Toscanelli ha dato il contributo decisivo al viaggio di Colombo. Un altro fiorentino ha capito per primo che l'America non era le Indie e il nuovo continente ne ha preso il nome. La scoperta dell’America da allora è diventata i1 modello del modo occidentale di conoscere, fare scienza e avere relazione col cosmo.

Galileo, inventando il Cannocchiale, ha esteso per primo il potere umano a un ambito materiale sottratto ai cinque sensi e all'etica e sottomesso soltanto alle categorie scientifiche.

Nel momento in cui la civiltà occidentale è sotto accusa i verdi, principali critici dello sviluppo industriale, s’incontrano proprio a Firenze.

L'immagine-simbolo di questo incontro è la Primavera di Botticelli che impersona uno dei temi centrali del Rinascimento: il risveglio della natura umana e della terra dalle tenebre della sofferenza che il medioevo aveva eretto a valore in sé.

Ma la primavera rappresenta anche una delusione. L'ironia fiorentina, un certo senso di superiorità che danno forse noia a qualcuno, sono solo una maschera per nascondere delle grandi delusioni..., perché il Rinascimento non è riuscito a dare all'occidente il suo posto pacifico nella natura, a fargli riconoscere quest'ultima non come matrigna ma come madre. Il Rinascimento ha spinto l'uomo europeo nell'illusione di poter colmare i sensi di colpa attraverso il superamento delle Colonne d'Ercole e la ricostruzione del mondo, di poter tornare indietro al Paradiso Terrestre attraverso l'arte e la tecnologia.

La stagione di Masaccio, Brunelleschi, Michelangelo, Machiavelli, non ha però solo contribuito alla formazione di quel tipo di conoscenza delle cose che le ha rese manipolabili per qualsiasi uso. Ci sono dei momenti essenziali del Rinascimento che orientano la vocazione di Firenze verso orizzonti ben diversi.

Il primo. A poca distanza da qui, nella chiesa di S.Maria Novella, 550 anni fà, tenne le sue sessioni il Concilio fra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente, che vide riunite le supreme autorità religiose, politiche e culturali del tempo e lasciò tracce profonde nell'arte, nei costumi, nella città. Le circostanze non permisero che l'unificazione si realizzasse, ma lasciò a Firenze quasi un compito da concludere di mediazione fra i popoli.

Il secondo momento. Cinquant'anni più tardi, nel momento del suo massimo splendore, influenza politica e benessere materiale, la città si fermò, insoddisfatta di se, davanti ai richiami etici di quello che Machiavelli chiamerà il profeta disarmato: Savonarola. Buona parte della scuola neoplatonica lo seguì, alla ricerca del modo di coniugare la felicità naturale con la morale e la fede. Anche questo tentativo, che era il momento supremo del Rinascimento, fu interrotto e la catasta di legna su cui bruciò Savonarola segnò l'inizio dell'età di Cartesio, Newton, Adam Smith e Napoleone, e la fine dell'indipendenza del popolo fiorentino. L'Europa crocefisse così le radici della sua anima etica e della sua cultura, insieme all'autonomia dei suoi popoli interni, mentre si avviava ad abbattere la libertà e dignità della natura e degli indigeni di quattro continenti.

Ma ecco, queste tre riconciliazioni incompiute: 1) fra umanità e natura; 2) fra oriente e occidente, oggi diciamo anche fra nord e sud; 3) fra etica e civiltà; riemergono ora come una necessità ecologica e storica ineludibile.

Ivan Illich ha spiegato come le acque dei fiumi alimentino i sogni della città e Firenze è una delle città europee più legata al suo sogno, alla sua visione. Ciò è testimoniato non dolo dal titolo di una nota canzone ma anche dal proverbio popolare: «Napoli canta, Firenze sogna, Milano lavora, Roma mangia». Perciò, la parola d'ordine conclusiva del convegno, «SOS Arno», deve essere letta in modo molto più vasto di un semplice inquinamento idrico risolvibile con un depuratore tecnologico, (c'è infatti anche in mezzo a noi chi gioca a convincersi e convincere che basta la tecnologia a risolvere il problema dell'ambiente), deve essere letta con la consapevolezza che per liberare la città dai veleni che la soffocano bisogna non soltanto rompere l'accerchiamento della speculazione finanziaria e del sogno di cemento della Fiat e della Fondiaria (simbolicamente rappresentato da questo palazzo degli Affari in cui ci troviamo oggi, una costruzione industriale che non porta segni della mano né della storia umana e costituisce un ambiente astratto, una civiltà senza passato né futuro, uguale a Firenze come a Singapore, a Baltimora come ad Abijan. E ciò perché l'amministrazione non ha voluto accoglierci nel luogo più importante della sua casa politica, il salone dei '500, sempre più ridotto a mummia e museo, soffocato nel suo significato di speranza politica), bisogna sviluppare la vocazione storica di Firenze, aiutarla a concludere i suoi tre compiti principali rimasti interrotti cinque secoli fa.

È l'augurio che la Lista Verde Fiorentina fa a questo convegno: che stimoli la città a diventare il punto di Archimede su cui far leva per convertire i disastri e sfruttamenti della civiltà europea, restituendo ai popoli del mondo più di quanto è stato loro rubato negli ultimi cinque secoli.

L'umanità, specialmente coloro che vivono in simbiosi con la terra, attende da qui un segno di speranza. Un segno che le comunità etniche europee, già schiacciate dallo stato nazionale, ri-trovino il senso delle proprie comunanze, responsabilità, autonomie, nella pluralità delle culture politiche; che in occidente rinasca la passione etica e con lei la gioia di lavorare con le mani, aver figli, vivere la piccola semplice vita del pane quotidiano, la libertà di rifiutare il nucleare, la fecondazione tecnologica, l'ingegneria genetica e di promuovere uno straordinario progresso della sussistenza, cioè della capacità di rispondere alle proprie necessità materiali in modo ecologico con la sola terra europea, senza sfruttare il mondo.

Noi ci auguriamo che, se questo avverrà, si possa un giorno non lontano vedere riunito qui a Firenze un Concilio dei popoli, delle etnie del mondo per mettere insieme i pezzi di una comune etica ecologica, un comune patto di riconciliazione con la natura.

E auguriamo a noi stessi e a voi di ritrovare con questo lavoro il senso pieno di quel pensiero di Leonardo «Siccome una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire».

Giannozzo Pucci
Il Verde, numero 8, dicembre 1988