Il Covile | | | | | |
"Due potestà, due canizie, due esperienze consumate...", così Alessando Manzoni introduce nel cap. XIX dei Promessi Sposi il celebre incontro-scontro tra il conte zio e il padre provinciale. Sono parole che vengono alla mente di fronte alla disputa sui fondamenti dell’omeopatia ormai accesissima tra i nostri dottori Stefano Miniati e Carlo Poggiali. Confesso di averla fomentata, ma a beneficio di tutti.
Carissimo Miniati
ho letto con vero interesse la tua lettera non priva di connotazioni di arguto buonsenso ed in cui festosamente, una volta preso l'aìre, non ti astieni dal pestar senza ritegno sul pedal di fischi e pìreti. Non occorreva tanto per invitar la lepre a correre. Constato che a tuo tempo devi esser rimasto sgradevolmente assordato da certi stentorei ottoni della banda degli omeopati ma siccome da quel che balena, vuoi dalle nostre fuggevoli e piacevolissime frequentazioni conviviali vuoi dalla gioiosa connotazione biografica premessa alla tua lettera dal nostro beneamato anfitrione Stefano Borselli, non sembri voler rifuggire dall'addentrarti negli incerti sentieri del nuovo e dell'ignoto, ti accludo un esiguo florilegio di documenti atti a introdurre almeno una tenue ombra di dubbio e di conseguente riflessione nelle tue cristalline certezze.
Opinione del dottor Miniati:
Che poi sia noto che l'omeopatia sia una scienza sperimentale, credo che questa affermazione possa valere solo per gli omeopati
Opinione del Farmacologo:
M. Aiazzi Mancini, L. Donatelli "Trattato di Farmacologia", 2° ed., Vallardi, Milano, 1969, pg. 24-25:
<>Nel secolo XVII, detto delle Accademie, ed in quello XVIII, detto della ricerca sistematica, si inizia col Malpighi, Redi e Borrelli l'applicazione del metodo sperimentale e si raggiungono in ogni campo notevoli acquisizioni scientifiche, mentre profondi rivolgimenti si attuano nel campo degli indirizzi scolastici, fornendo così i primi basamenti di quello che sarà l'ordinamento scientifico dell'epoca attuale. La Farmacologia ristagna ancora sulle concezioni ippocratiche e galeniche, ma è anch'essa investita dal nuovo soffio vivificatore che sprona alla ricerca sperimentale ed apre la via a concezioni e possibilità del tutto nuove, per cui la vecchia Lectura simplicium, già ridotta ad una semplice elencazione di droghe medicamentose, riacquista lentamente dignità e nobiltà di medicina sperimentale viva ed operante (per opera, nel XVII secolo, di Van Helmont, Sydenam [quello del laudano], Magati, Colle, Ramazzini [fondatore della moderna Medicina del Lavoro], e nel XVIII secolo, di Fontana, Torti, Hoffman, Hahnemann [un omonimo forse?], Fowler [quello del liquore arsenicale in uso fino agli anni '60-'70 del secolo XX], Whitering, ecc.ecc.).........Intanto due nuovi fatti venivano ad interferire, entrambi di notevolissimo interesse. Innanzitutto la ricerca sperimentale andava sempre più chiaramente documentando che, come avevano ritenuto gli antichi, non esistono sostanziali differenze tra medicamenti e veleni, ma che anzi si tratta delle medesime sostanze agenti a dosi e in condizioni differenti, per cui se da un punto di vista pratico può ammettersi una differenziazione tra Materia medica o medicamentorum e Materia medica venenorum o Tossicologia, essa non ha alcun valore dal punto di vista teorico e didattico. Le due parti dovevano perciò essere ricongiunte, ma nessuno dei due nomi fino allora impiegati poteva essere usato per comprenderle entrambe, per cui si fece ricorso al vecchio termine di farmaconche possedeva ambedue i significati e si cominciò a parlare di Farmacologia......
<>Ma, in questo clima, qual'è stato l'apporto concreto di Hahnemann?
Opinione dell'omeopata contemporaneo:
<>A. Micozzi nella introduzione a: Samuel Hahnemann Materia Medica Pura, ed. italiana a cura di A. Micozzi, Edi-Lombardo, Roma, 2000, pg. IX-XXI
<>Se si tien conto della natura bifronte del farmaco la sua introduzione, in particolar modo a dosi consistenti e/o ripetute in soggetti sani ovvero privi di sintomatologie degne di nota, può essere equiparata ad una noxa patogena estranea all'organismo e come tale in grado di alterare lo stato di equilibrio preesistente, esplicitabile come sensazione di benessere.
Nella sperimentazione umana su volontari sani in seguito all'introduzione della noxa farmacologica si verifica la seguente sequenza temporale di sintomi descritta [per la prima volta] da Hahnemann:
Sintomi prodromici aspecifici che compaiono all'inizio della sperimentazione (dolenzia articolare o muscolare, astenia, sensazione vaga di cefalea, malessere generale). Tali sintomi durano più o meno a lungo in base alla durata d'azione complessiva del farmaco, pochi minuti per il Rhus Toxicodendron [sostanza tossica di origine vegetale], alcune ore per Sulfur (zolfo). Non sono utilizzabili ai successivi fini terapeutici in quanto non indirizzano verso una diagnosi eziologica [prodotta da un farmaco specifico] analogamente a quanto avviene per i sintomi prodromici delle malattie infettive.
Sintomi e segni primari, specifici della sostanza utilizzata, compaiono successivamente ai sintomi prodromici, sono netti e rilevabili in tutti i soggetti sperimentali, sono utilizzabili per la diagnosi differenziale farmacologica, sono utizzabili ai fini terapeutici [utilizzando il criterio di similitudine] e dalla loro durata è possibire evincere la durata di azione del farmaco. Sono assimilabili al periodo di stato delle malattie infettive.
Sintomi aspecifici secondari, compaiono in genere al termine della durata di azione del farmaco, sono del tutto aspecifici ed imprevedibili, diversi da un soggetto all'altro in quanto dipendono dalla reazione individuale alla noxa, non sono utilizzabili per la diagnosi differenziale farmacologica e quindi per la terapia, sono assimilabili al periodo di defervescenza dalle malattie infettive.
Al di là dell'utilizzazione in un insolito sistema terapeutico (l'omeopatia) di questi dati esperienziali, ricercati in maniera sistematica con gli esperimenti sui volontari sani, l'apporto originale di Hanemann alla Farmacologia è stato quello di legare la tipizzazione dei farmaci agli effetti specifici da loro prodotti non limitandosi più ai dati sensibili della forma o delle proprietà fisiche o chimiche dei materiali da cui questi provenivano. L'assimilazione degli effetti tossici dei farmaci a quelli prodotti dalle malattie infettive è all'origine di queste osservazioni e la prima notizia di queste è data nell'opuscolo Istruzioni per i chirurghi sulle malattie veneree, insieme ad una nuova preparazione mercuriale del 1789.
Opinione del dottor Miniati:
Infatti oggi come definire una scienza che nasce in una epoca in cui non si conoscevano né i batteri né i virus, e che ha sviluppato una sua teoria della malattia proprio ignorando questa fondamentale conoscenza?
Opinione del Responsabile dell'insegnamento dell'Omeopatia presso l'Università di Bordeaux IIe:
Denis Demarque Techniques Homéopatiques, 2e édition, Boiron, Lyon 1989, pg.73-76
Fino al 1860, anno della scoperta di Pasteur, la parola microbo non compare nella letteratura medica, si discetta su termini come miasmi, effluvi, malattie miasmatiche. I miasmi sarebbero costituiti da "sostanze organiche presenti nell´aria...effluvi che emanano dalle paludi". In pochi intuiscono che gli agenti infettivi possano essere degli organismi viventi.
Tra questi pochi Hahnemann, che 35 anni prima di Pasteur in opuscolo sul trattamento del colera asiatico (1831) dà la seguente definizione di miasma: ".. Il colera, miasma vivente, impercettibile ai nostri sensi, [Hahnemann usa lo stetoscopio ma non il microscopio] che uccide l´uomo, si attacca ai suoi vestiti e passa così da un uomo all´altro...L´unica [sua] causa è un miasma, [cioè] un microrganismo".
In una nota presente nella traduzione francese (1846) del Trattato delle Malattie Croniche si trova la seguente distinzione tra miasmi acuti e cronici:
I miasmi acuti dopo essere penetrati ..... "nella prima fase dell´infezione" ognuno con proprie caratteristiche, dopo essersi accresciuti rapidamente "a mò di parassiti" ed essersi sviluppati la più gran parte del tempo ...... muoiono spontaneamente dopo aver prodotto il loro frutto......permettendo così all´organismo di riacquistare lo stato di salute.
I miasmi cronici, invece, sono dei "principi che continuano a vivere" nell´organismo in cui sono penetrati e "non morendo spontaneamente come i precedenti" non permettono questa restitutio.
L´approccio di Hahnemann esposto nel Trattato delle Malattie Croniche è quindi fondamentalmente opposto a quello dei suoi contemporanei che cercavano di comprendere questo tipo di patologia con lo studio delle predisposizioni patologiche, delle diatesi come la scrofola, l´artritismo, ecc.... Hahnemann invece sembra dare la preminenza ai germi e non al terreno.
Opinione del dottor Miniati:
...noto che in genere gli omeopati, come quasi tutti coloro che praticano una medicina alternativa, non hanno molta voglia di mettersi in discussione: infatti sono così convinti di essere nel vero che non ritengono di doversi sottomettere al giudizio della comunità scientifica, in quanto per loro è la comunità scientifica che è in errore.
Alcune confutazioni:
Premetto, per una migliore comprensione delle citazioni che seguono, l'illustrazione di due concetti della moderna epidemiologia che stanno alla base della cosiddetta Medicina delle Certezze (EBV=evidence based medicine).
<>Efficacy = L'efficacy misura il beneficio che deriva da un intervento su di un problema specifico di salute effettuato nelle condizioni ideali in cui si svolge la ricerca scientifica. Il giudizio di efficacia è pertinente allo sviluppo di nuove tecnologie come la creazione di nuovi farmaci. Deve rispondere alla domanda Questa prassi fa più bene che male alle persone che si attengono con zelo alle prescrizioni?.
<>Effectiveness = L' effectiveness misura il beneficio che deriva da un intervento su di un problema specifico di salute attuato nelle circostanze correnti e nei luoghi abituali in cui si effettuano le prestazioni cliniche. La valutazione dell'intervento tien conto sia dell'efficacy (vedi sopra) dell'intervento stesso sia dell'accoglienza favorevole (acceptance) dei soggetti a cui viene offerto. È una misura che ben si adatta a valutare le procedure impiegate nel compiere gli interventi sulla salute, comprese le modalità della sommistrazione dei farmaci, e deve rispondere alla domanda: Questa prassi fa più bene che male alle persone a cui è offerta?.
DT Reilly, MA Taylor, C McSharry, T Aitchison "Controlled trial of homeopatic potency, with Pollen in Hayfever as a Model, The Lancet, October 18, 1986, pg. 881-886.
Sperimentazione destinata a testare l'efficacy. Deconcentrazione del verum 10-60. Esito a favore del verum.
Questa ricerca costituisce, vuoi per le dimensioni (168 casi), vuoi per il rigore nella progettazione, la prima prova certa di una qualche validità del trattamento omeopatico nei confronti del placebo.
MA Taylor, DT Reilly, RH Llewellyn-Jones, C McSharry, TC Aitkison "Randomised controlled Trial of homeopathy versus placebo in Perennial Allegic Rhinitis with overview of four trial series, British Medical Journal, 321, 19 August 2000, pg. 471-476.
Sperimentazione destinata a testare l'efficacy. Deconcentrazione del verum 10-60. Esito a favore del verum.
È una ricerca molto ben impostata dal punto di vista metodologico: i criteri di ammissione al trial sono ineccepibili, l´esperimento è multicentrico, randomizzato, a doppio cieco, controllato col placebo, a gruppi paralleli stratificati secondo l´ipersensibilità al singolo allergene. Per la prima volta viene usato, accanto all´analogo visivo, che il paziente si autosomministra quotidianamente per quantificare l´intensità dei sintomi soggettivi delle 24 ore, un indicatore "forte" (oggettivo) cioè la misura di picco del flusso nasale. Inoltre il microimmunoterapico viene scelto individualmente basandosi sulla reazione cutanea più evidente al prick test.
G T Lewith, A D Watkins, M E Hyland, S Shaw, J A Broomfield, G Dolan, S T Holgate <>Use of ultramolecular potencies of allergen to treat asthmatic people allergic to house dust mite: double blind randomised controlled clinical trial. British Medical Journal, 34<>2 <>March 2002, pg. 520-8
Sperimentazione destinata a testare sia l'efficacy che l'effectiveness. Deconcentrazione del verum 10-60. Impianto pressochè perfetto. Esito a favore del placebo [sic!].
[La smania d'intrupparsi tra i portogalli [mi riferisco alla barzelletta napoletana Siamo tutti portogalli!] della medicina ufficiale dopo la comparsa di alcune segnalazioni favorevoli sulle riviste della medicina corrente non deve far dimenticare che, accettando le regole di questa, si andrà incontro, man mano che le verifiche diverranno più numerose, ad alcuni probabili risultati sperimentali atti a disattendere le nostre aspettative.
Kathi J Kemper Complementary and alternative medicine for children: does it work?, Archives of Diseases in Childhood, 84, 2001, pg. 6-9
L'autrice di questo articolo è Professore Associato di Pediatria presso la Facoltà di Medicina di Harvard e Direttore del Centro per l'Educazione e la Ricerca Olistica in Pediatria presso l'Ospedale Pediatrico di Boston. Secondo questa autrice non dovrebbe essere impossibile far entrare le tecniche della medicina integrativa nel bagaglio della medicina corrente se non ci si focalizzasse ostinatamente su dogmi di natura ideologica. I punti di forza per questa ricongiunzione sono i seguenti:
Ben pochi clinici possono porre delle obbiezioni alla concenzione che l'opera del medico debba essere centrata sul paziente, che ogni trattamento proposto debba essere intriso di umanità e che si debba tener conto del paziente nella sua globalità (corpo, mente, emozioni, spirito, contesto dei valori appartenenti alla comunità in cui vive).
Il clinico moderno non è in disaccordo sul fatto che sia una cosa importante il prendere in considerazione tutta una gamma di opzioni terapeutiche; nella selezione di queste si affida al criterio di scegliere ciò che è chiaramente di giovamento al paziente, ciò che costa meno e ciò che per questi è meno dannoso. Il ricorso ad una qualche forma di medicina integrativa non deve quindi puntare su argomenti di tipo ideologico ma sui vantaggi offerti da ogni singola tecnica specifica per una data condizione e per un dato tipo di paziente.
L'autrice prima di addentrarsi in ulteriori analisi opera una distinzione sottile e a mio parere non disutile tra le dizioni, spesso confuse tra loro, di medicina olistica e di medicina integrativa:
La medicina olistica designa un prendersi cura del paziente in quanto totalità che comprende corpo, mente, emozioni e spirito nel contesto dei valori e della cultura peculiari al paziente, alla sua famiglia e alla comunità a cui appartiene. Il termine medicina olistica indica l'eletto ideale che, peraltro, è condiviso anche dalla medicina convenzionale.
La medicina integrativa designa un ampio spettro di trattamenti terapeutici presenti nel contesto della medicina olistica ma la cui scelta si basa su prove concrete di affidabilità e di giovamento nella pratica di ogni giorno (effectiveness).
Da questo punto di vista la medicina integrativa fà compiere un passo in avanti alla medicina delle certezze perchè prende in considerazione tutte le terapie potenziali e non solamente quelle che fan parte della corrente principale della pratica medica.
Presso l'Ospedale pediatrico di Boston ci si rivolge (da parte delle classi più abbienti e colte) alla Medicina complementare ed alternativa (CAM) sia in caso di malattie croniche ricorrenti (asma, artrite reumatoide) e sempre di più anche nel caso di malattie incurabili (cancro, fibrosi cistica). In special modo i genitori dei bambini ricoverati nei centri di terapia intensiva neonatale o pediatrica sono vivamente interessati a ciò che venga fornita loro una qualche forma di CAM durante l'ospedalizzazione.... Le Istituzioni Mediche e Pediatriche si sono velocemente adattate a questo tipo di richieste e, sia negli SUA che nel Canada, le Facoltà di Medicina offrono ai loro iscritti almeno un corso su queste materie e i corsi di questo genere vanno rapidamentte aumentando. Il 50% dei medici e dei pediatri utilizza la CAM in prima persona e la maggior parte di loro fornisce una qualche specie di CAM o invia i genitori da chi è in grado di farlo.
Tuttavia è ancora opinione diffusa che le CAM costino meno della medicina ortodossa e che la loro adozione abbassi i costi dell'assistenza medica, ma questa asserzione sottintende che le CAM possano sostituire le terapie ortodosse anziché essere utilizzate in aggiunta a queste. Una tale opinione non è stata ancora sottoposte a verifiche rigorose. In effetti i dati più recenti portano a constatare che l'inclusione delle CAM a lato e non in sostituzione della terapia tradizionale fà lievitare i costi dell'assistenza almeno per quel che concerne gli adulti. Non sono stati ancora condotti studi paralleli in campo pediatrico.
Anelli M, Scheeper L, Sermeus G, Van Wassenhoven M Homeopathy and Health related Quality of Life: a Survey in six European Countries, Homeopathy, (2002), 91, 18-21.
Questo studio è stato condotto da studiosi di notevole rilevo come Van Wassenhoven, direttore presso l'ECH (European Committe for Homeopathy) dei Sottocomitati per la Ricerca di Base e per la Ricerca Clinica (quest'ultimo Sottocomitato ha lo scopo di creare buoni programmi di ricerca diretti a studiare l'effectiveness dell'omeopatia secondo le metodologie scientifiche più aggiornate) e sotto l'egida del CONSEUR (European Consumers Association).
Si tratta di una ricerca epidemiologica di tipo osservazionale, diretta a mettere alla prova l'effectiveness di un intervento omeopatico di osservanza rigidamente unicista utilizzando come unità di misura le scale della QoL (qualità della vita). Sono stati reclutati 115 medici e 1025 pazienti in 6 paesi europei. I risultati sono stati valutati dopo sei mesi dalla somministrazione del medicamento appropriato a ciascun soggetto.
I disturbi accusati più frequentemente dai pazienti di questa serie erano rappresentati da disturbi generali non specifici, da manifestazioni allergiche, seguivano i problemi psicologici (depressione, ansia, stress), i problemi a carico del l'apparato respiratorio e quelli del digerente. Da questa inchiesta si evince che l'omeopatia si rivolge con successo ai disturbi generali di tipo mal definible, vengono poi le allergie, ma anche a sorpresa la patologia a carico dell'apparato digerente. I disturbi della psiche sembrano invece fuori controllo con buona pace dei mentisti [ad esempio Masi Elisalde ed Ortega] e così i disturbi a carico dell'apparato muscolo-scheletrico.
Come motivi di gradimento, nei confronti della medicina convenzionale, la consultazione omeopatica ha avuto dalla sua parte principalmente il tempo dedicato al paziente, ma è un tempo che è costato al paziente, e in Italia è costato più che in ogni altro paese d'Europa. Per fortuna si trattava in genere di soggetti di classe medio alta (come i bostoniani dell'articolo della Kemper), in maggioranza di sesso femminile, prevalentemente appartenenti alla classe di età 30-44 anni, con buon livello d'istruzione, nel 34% dei casi a livello universitario, coniugati nel 60 % dei casi.
[I risultati di questo studio osservazionale, pur essendo positivi dal punto di vista della significatività statistica, non sono molto esaltanti sul piano dell'effectiveness ma non mi sembra che ci sia stato alcun tentativo di sottrarsi al confronto con la comunità scientifica da parte degli omeopati, così come nel caso del flop della ricerca sull'asma conseguente all'esposizione agli acari].
Una curiosità del dottor Miniati:
...Mi piacerebbe sapere perché nella dismenorrea perimenopausale, presumibilmente dovuta ad un calo fisiologico di progesterone nella seconda fase del ciclo, l'omeopata di oggi, quindi moderno, somministra progesterone alla sesta decimale. Cos'ha di omeopatico questa prescrizione?
Risposta immediata:
E a te che te n'importa vista la tua fin qui dichiarata disistima dell'omeopatia ?
Caro Miniati la tua domanda cela il trabocchetto del doppio legame: si sbaglia comunque si risponda: Se si risponde niente ci si staglia con chiarezza sul crinale dell'Omeopatia Classica e si diventa un bersaglio meglio delineato nel tuo mirino, se si risponde molto ci si qualifica come Omeopata Moderno e ci si guadagna sia l'indignato disprezzo degli Omeopati Classici sia i tuoi consueti lazzi e ghiribizzi. Inoltre il porre in questo modo la tua domanda, sotto forma di domanda retorica, dato il contesto, fa venir voglia di chiederti: Ma tu da che parte stai? Mica che gnente, gnente cerchi la rissa per la rissa?
Per rispetto al nostro unico lettore (per motivi redazionali) Stefano Borselli meneremo il Kan per l'aria tratteggiando una fumosa spiegazione desunta da un pamphlet a cui Egli ebbe occasione di dar mano come indignato consulente tipografo all'epoca della sua stesura: (1997):
C.Poggiali Nostalgia delle Origini: la tassonomia gerarchizzata della medicina omeo-bioterapica di O. A. Julian nel Periodo postmoderno, Omeopatia-Oggi, anno XII, n. 24, Marzo 2001, pg.6-26
Da cui dedurremo che l'omeopata in questione, evidentemente di formazione eclettica, ha scelto di servirsi di una Bioterapia Farmacologica a Gestione Semplice appartenente al Genere delle Bioterapie Analogiche, alla Specie della Micro-Organoterapia Dinamizzata e alla Razza della Micro-Ormonoterapia Dinamizzata.
Questa risposta lascia il tempo che trova e la bocca asciutta perchè evidentamente improntata a quel rispetto per il Segreto dell'Arte a cui sono stati tenuti gli Affiliati da sempre e in ogni epoca, immagino pertanto che ciò contribuirà a ridar nuovo vigore al tuo celò-durismo di valentissimo Difensore della Medicina Ortodossa.
Ma l'esser rimasto celato l'Arcano all'irrompere del novello Borghezio non è poi una gran perdita spirituale in quanto le norme dirette alla prevenzione della BSE, molto più facili da far attuare al ristretto settore dei derivati animali utilizzati nelle medicine non convenzionali (Rettili, Anfibi, Aracnidi, Imenotteri e Celenterati compresi, che come per le antiche streghe costituivano il material di partenza per filtri e pozioni), hanno imposto nella normante Europa il trattamento a 130° [Celsius] della sostanza di partenza, temperatura questa assolutamente insufficiente per toglier forza riproduttiva a quell' immateriale stampo per proteine che è il prione, ma ampiamente sufficiente a togliere ogni ipotetica efficacia farmacologica alle preparazioni da quella derivate. Pertanto seguendo la riflessione di Wladimir Nabokov nel romanzo Lolita potremo lasciarci tranquillamente alle spalle questo problema quasi fosse il rudere di un'imprendibile fortezza di gesso.
Una domanda del dottor Miniati:
...come faccio sperimentalmente a trovare il simillimum, che sarebbe poi ciò che mi guarisce, se tutte le persone che partecipano alla sperimentazione rispondono, qualunque sia il rimedio che somministro loro, con tutti i sintomi caratteristici della loro propria psora?
Risposta:
Posta in questi termini la domanda andrebbe girata a Masi Elisalde oppure ad Ortega dal momento che sulle loro teorie si appoggia gran parte del tuo argomentare. Una risposta generica di una certa rilevanza è implicita nella citazione b) in risposta alla tua opinione contenuta in 1.. Ma può anche essere utile far notare come le moderne ri-ricerche sperimentali sui farmaci omeopatici condotte con l'impianto metodologico della farmacologia moderna siano in sostanziale accordo con le descrizioni dell'effetto specifico dei farmaci delle sperimentazioni più antiche:
Anacardium orientale
Direttore della sperimentazione: Martin Stubler
Sede: Ospedale Omeopatico di Stoccarda
Durata della sperimentazione: 4 mesi e ½
Tipo di sperimentazione: Controllata, a cieco semplice, disegno cross-over, preceduta da otto giorni di autosservazione.
Esito: i risultati si sovrappongono in gran parte alla sperimentazione di Stapf (allievo di Hahnemann) avvenuta nella prima metà del 1800.
Cimicifuga
Direttore della sperimentazione: J Mezger
Sede: Ospedale Omeopatico di Stoccarda
Durata della sperimentazione: circa 6 settimane
Tipo di sperimentazione: controllata, a cieco semplice
Esiti: Vi sono stati diversi dropout tra le sperimentatrici, che erano tutte dottoresse in medicina, a causa dell'intensità dei sintomi sviluppati precocemente. I sintomi raccolti ricalcano quelli annotati da Allen nel 1800 con l'aggiunta di nuovi sintomi a livello epatobiliare e cardiaco.
Kalium carbonicum:
Direttore della sperimentazione: Trevor Smith
Sede: Ospedale Omeopatico di Londra
Durata della sperimentazione: 3 mesi
Tipo di sperimentazione: Controllata, in doppio cieco, disegno randomizzato.
Esito: i risultati ricalcano in gran parte quelli originali di Hahnemann tranne alcune discordanze riguardanti la lateralità dei sintomi e la rilevazione di sintomi nuovi.
Stannum metallicum
Direttore della sperimentazione: W. Klunker.
Tipo di sperimentazione: Controllata in doppio cieco
Esito: dei 147 sintomi accusati dai partecipanti alla sperimentazione e riferiti da Klunker [omeopata unicista di stretta osservanza kentista] 102 sintomi corrispondono a quelli già presenti nel repertorio omeopatico di Kent che è del 1897 ed è legato alle Materie mediche precedenti..
Per non tediare troppo i non specialisti e, soprattutto, per il porco comodo di chi scrive, cito solo queste poche ri-sperimentazioni che seguono dei protocolli farmacologici accettabili facendo notare come i risultati si sovrappongano in buona parte a quanto osservato dagli autori antichi più di un secolo prima. Altre sperimentazioni moderne, qui non citate sempre per la seconda delle due ragioni precedenti, sono state ripetute a distanza di pochi anni in sedi europee diverse, da scuole omeopatiche diverse ed anche in questo caso i risultati sono apparsi sovrapponibili. È pertanto difficile sostenere che lo stimolo rappresentato dalla somministrazione della noxa farmaco non abbia prodotto risposte comuni assai simili e quindi specifiche ai farmaci studiati nei campioni sperimentali oltretutto tra di loro eterogenei.
La metodologia di scelta del farmaco appropriato appartiene ad un diverso capitolo e gli esiti di queste scelte non sfuggono, come abbiam visto, alla dialettica della corrente principale della medicina.
Osservazioni del dottor Miniati:
Poi osserverei che l'esaltazione dell'intuizione e dellimmaginazione nel curare la persona malata ha dei bei rischi, perché vero che è solo con l'intuizione e con limmaginazione che faccio le mie ipotesi, ma poi è solo col pallosissimo rituale della scienza che le metto alla prova e, soprattutto, a disposizione della comunità scientifica, che controllerà, riprodurrà, verificherà, falsificherà. Se non si rispettano le stesse regole nella sperimentazione i risultati non sono né analizzabili né confrontabili.
[Purtroppo entrando nella volata finale la pedalata potente e regolare del buon dottor Miniati inizia farsi scomposta, l'azione combinata del sudore e della fatica contribuisce a rendere meno chiare le percezioni: il piano clinico e quello strettamente legato alla ricerca cominciano a imbrogliarsi. Aiutiamolo a sistemare le cose nella giusta prospettiva coll'ormai consueta ristretta citazione di esempi].
Testi ed esempi che contribuiscono ad una miglior sistemazione delle tesi del dottor Miniati:
M. Baldini Epistemologia contemporanea e Clinica Medica, Città di Vita, Firenze, 1975, pg. 42-48. 59-64.
Lo studio su come operino i clinici nel porre la diagnosi mette in luce come questa non venga dedotta retrospettivamente in base alla valutazione dei dati ma si compia in forma d'intuizione esattamente come avviene per gli artisti. Diversamente da questi il clinico trasforma quasi istantaneamente l'intuizione in una ipotesi che viene sottoposta al torchio della falsificazione.
M. Coppo, Patrizia Paterlini, Metodologia diagnostica. Principi di semantica clinica: semeiologia medica diagnostica integrata, Piccin, Pavia, 1987.
Il passagio tra l'intuizione e la formulazione dell'ipotesi inizia in una fase molto precoce della consultazione durante l'anamnesi spontanea, un primo tentativo di falsificazione avviene nel corso dell'esame obbiettivo; la formulazione dell'ipotesi si perfeziona durante l'anamnesi provocata e il processo di falsificazione riprende con la prescrizione, o l'attuazione, già nello studio del moderno medico di base, degli esami strumentali. Un tentativo ulteriore di falsificazione può essere costituito dalla consultazione con lo specialista.
L'intuizione del Clinico (O.P.):
Un paziente di mezz'età giunge alla mia consultazione con una diagnosi di artrite reumatoide di cui presenta tutti i sintomi soggettivi, tutti i segni obbiettivi e tutti gli esami di laboratorio positivi. La diagnosi é corroborata dalla relazione di un noto Primario Ospedaliero di Reumatologia nel cui Reparto il paziente ha effettuato visite ed accertamenti. L'obbiettivo terapeutico che il paziente vuol raggiungere consultandomi è il miglioramento della sua situazione articolare.
Il quadro è così paradigmatico (troppo, sembra uscito da un trattato di patologia medica) che decido di saperne di più sull'impegno e sulla possibile progressione extra-articolare di questa malattia in questo particolare paziente. Chiedo pertanto un'ulteriore consultazione con un reumatologo universitario meno noto al pubblico ma Clinico di grande valore al quale uso rivolgermi quando voglio mettere alla prova le mie diagnosi, proprio perchè appartiene ad un ambiente universitario diverso da quello in cui mi sono formato. Il paziente esegue, non ha fatto quasi a tempo mettersi a sedere nello studio del consulente e ad iniziare il suo racconto che questo gli chiede a bruciapelo: Lei fuma?, Sì. Torni domani con una lastra del torace. Il paziente che è padre di un'infermiera che l'accompagna, riesce ad effettuare in tempo reale l'accertamento richiesto da cui risulta, e resiste anche ai tentativi successivi di sconferma, un voluminoso tumore, escavato al centro, che occupa tutto il lobo inferiore del polmone destro. La prima diagnosi (alla quale peraltro avevo aderito) basata essenzialmente su reperti ispettivi e strumentali astratti senza tener conto dell' esser-ci [proprio come dicevano i vecchi esistenzialisti e senza bisogno di andar a rimestare nelle concezioni olistiche] del paziente viene reindirizzata dalla fulminea intuizione del Clinico: si tratta di una sindrome para-neoplastica e non di una malattia autonoma.
L' improvvisa preoccupazione del dottor Jenkins.
Trisha Greenhalg Narrative based medicine in an evidence based world, British Medical Journal, 318, 30 January 1999, pg. 323-325.
Il dottor Jenkins è un medico di medicina generale che opera in una unità di base del servizio sanitario inglese. Su 96000 consultazioni ha avuto occasione di osservare una sola volta un caso di meningite meningococcica. Un Lunedì mattina mentre è impegnato in una seduta di chirurgia gli viene comunicato il contenuto di una telefonata annotata frettolosamente dall'addetta alla ricezione. Nel messaggio la mamma di una bambina gli comunica che questa ha la diarrea e si comporta in modo strano. Il dottor Jenkins che conosce bene questa famiglia improvvisamente si preoccupa, interrompe la seduta, va a visitare la bambina, formula l'ipotesi di meningite meningococcica che viene confermata dai successivi esami di laboratorio.
Il dottor Jenkins aveva 5 modelli di comportamento davanti a sè:
Non ci si può dedicare completamente ed immediatamente a tutti quelli che ci cercano
Se si sospetta la meningite da meningococco il medico deve agire subito e dare ogni priorità al paziente
La diarrea che si presenta in un bambino che prima stava bene è in genere di origine virale e tende a regredire spontaneamente.
La meningite da meningococco produce un'eruzione cutanea caratteristica e rigidità nucale
La meningite da meningococco si presenta inizialmente con modalità non specifiche al medico di base.
Il dottor Jenkins sceglie le opzioni 2 e 5. Ma su quali basi? Ciò che fa scattare la lampadina della preoccupazione-intuizione è l'aggettivo strano: nella comunità in cui egli vive le allocuzioni di uso più frequente da parte dei genitori per descrivere i bambini malati sono indisposto , non è in forma, malandato, sembra un panno lavato che occupano uno spazio di significato diverso da strano. Il dottor Jenkins che conosce questa famiglia sa che questa mamma è una persona di buon senso, poco incline alle lamentele e che la bambina non ha mai presentato in precedenza comportamenti fuori dall'ordinario: l'analisi del racconto, ancorchè molto sommario e oltretutto frettolosamente annotato da terzi, gli permette di dare un valore decisivo all'aggettivo strano, a far scattare la molla dell'emergenza ed a scartare intanto l'opzione 1. Durante la consultazione viene scartata l'opzione 3, non è ancora rilevabile l'opzione 4 ma restano in piedi le opzioni 2 e 5 sotto forma d'ipotesi che le estensioni strumentali dell'esame obbiettivo, che inizialmente è di pertinenza immediatamente sensoriale, confermeranno. Per tutte queste operazioni il dottor Jenkins utilizza il senso clinico e l'intuizione che appartengono all'arte medica, per la messa alla prova di queste si baserà in un secondo momento sui comportamenti suggeriti dalla medicina delle prove certe.
A questo punto non vedo perchè definire pallosissimo il rituale della scienza se non per quanto riguarda il dover rifiutare l'opzione .1 del dottor Jenkins; mi sembra poi francamente esagerato l'intervento di un'incombente comunità scientifica, che controllerà, riprodurrà, verificherà, falsificherà. Nella situazione clinica e nei luoghi in cui si svolge l'opera del fantomatico dottor Jenkins questa parte dell'intervento si è limitata ad un buon reparto di malattie infettive con cui stabilire un dialogo e ad un laboratorio di analisi in grado di fornire risposte attendibili in tempi brevi. Non dissimili, con un po' di fortuna, sono queste operazioni nei i nostri climi.
Il tempo per compiere tali operazioni, percepire l'esser-ci del paziente ed eseguire l'analisi del racconto [che parte in questo caso con un'emozione di tipo letterario] nel sistema sanitario inglese è in media di 7 minuti primi per i casi semplici e di 12 minuti primi per i casi più complicati. Nel nostro paese questo tempo è in media di 8 minuti primi secondo una recentissima comunicazione di uno sveglio appartenente alla Società dei Medici di Medicina generale. Questo è anche lo spazio temporale per le decisioni cliniche: l'assenza d'intuizione e la scarsità d'immaginazione obbligherebbero a dei drammatici fuori tempo ovvero a un non minor bel rischio.
L'enfasi data dal buon dottor Miniati alla medicina delle evidenze in forma di presenza incombente mi sembra quindi eccessiva anche per le sottili ragioni che la dottoressa Greenhalg, senior lecturer c/o il Dipartimento di Cure Primarie e Scienza della Popolazione, Royal Free and University College ecc.ecc., collaboratrice fissa del BMJ ed autrice, oltretutto, dell'aureo manualetto: Trisha Greenhalg Evidence based medicine. Le basi, Infomedia ed., diffuso dall'azienda farmaceutica SigmaTau ai medici base, illustra nel suo articolo di cui riprendiamo il nostro succinto esame:
Attualmente si insegna [in Inghilterra e nel Galles?] e si allenano i futuri medici a crederlo, che la medicina è una scienza e che il medico è un ricercatore imparziale che costruisce delle diagnosi differenziali come se fossero delle teorie scientifiche che escludono le possibilità di diagnosi concorrenti in un un modo simile a ciò che avviene con la falsificazione delle ipotesi.
Tutto cio si basa su di un presupposto debole, cioè che la formulazione della decisione diagnostica segua lo stesso protocollo della ricerca scientifica ovvero che lo scoprire dei fatti attinenti alla malattia del paziente sia equivalente alla scoperta di nuove verità scientifiche sull'universo.
L'approccio degli epigoni della medicina delle evidenze è basato sul presupposto sbagliato che l'osservazione clinica sia totalmente oggettiva e che, come tutte le misure scientifiche, debba essere riproducibile.
Questo genere di approccio piace alle Amministrazioni ma non era pienamente condiviso dai Padri Fondatori della medicina delle evidenze che come Sackett che definivano la loro creatura un'integrazione tra la perizia clinica del singolo e le migliori prove cliniche esterne a disposizione.
La perizia clinica deriva dalla capacità di mettere rapidamente a confronto, a livello subliminale, il contenuto del racconto e le implicite connotazioni emotive del paziente col contenuto di un'enorme numero di singoli copioni (scripts) appresi nel corso della propria vita professionale per esperienza diretta o per narrazione di casi esemplari. Nel caso del dottor Jenkins le connotazioni emotive erano determinate dall'aggettivo strano. Tuttavia solo un copione su 96000 si adattava al caso della bambina, d'altro canto un copione indubbiamente molto frequente in pediatria è quello della diarrea banale. Solo l'equiparazione di strano con inconsueto, da un punto di vista probabilistico (di approccio bayesiano data la precedente conoscenza del paziente) è, quindi, degno d'immediata attenzione: la perizia clinica inconscia consiste nell'effettuare un nesso con le migliori conoscenze cliniche esterne che in questo caso sono le opzioni .5 e .2.
Tuttavia l'intuizione da sola senza il confronto con gli accertamenti successivi sarebbe stata insufficente a porre la diagnosi così come la supina aderenza ai protocolli clinici sostenuti da argomenti di natura statistica derivanti dalle opzioni .3 e .4 ma priva dell'intuizione e della perizia clinica.
Nelle pubblicazioni attinenti ai grandi trial che stanno alla base della medicina delle prove certe i singoli pazienti vengono rappresentati come puntini nei diagrammi, le verità generalizzabili che ci si affanna a raccogliere spigolando [to glean nel testo] da questi, sono pertinenti alla storia del campione statistico (e si spera anche dell'intera popolazione) oggetto del trial, non alla storia dei singoli soggetti che sono stati reclutati per la ricerca. La medicina, invece, così come vien praticata dai medici di base e nei luoghi a ciò preposti si occupa dei singoli pazienti ognuno con caratteritiche peculiari che possono essere difformi da quelle dei campioni omogenei oggetto dei trial. Ne deriva una qualche occasione di frustrazione per il medico pratico quando deve far accomodare il paziente sul letto di Procuste delle linee guida. Ad esempio è stato calcolato che solo il 10% dei pazienti affetti da ipertensione e che si rivolgono al medico di base è affetto da quel tipo di ipertensione non complicata e di media gravità che può esser trattata seguendo le linee guida standard della medicina delle evidenze. [Questo nel sistema sanitario inglese: da noi, in Tos-kana, siamo molto più avanti].
Per risolvere questa dicotomia l'autrice propone all'attenzione un nuovo scenario in cui si svolga l'incontro medico/paziente che si chiama analisi del testo. Alla cui edizione contribuiscono:
Il testo dell'esperienza della malattia che è narrato dal paziente: questo testo ingloba il significato che il paziente attribuisce ai vari sintomi, le sue considerazioni e i consigli in-competenti ricevuti prima di adire alla consultazione col clinico.
Il testo del racconto, ovvero ciò che il medico interpetra essere il nocciolo del problema nella storia narrata dal paziente, ovvero l'anamnesi tradizionale.[Splendidamente trattata in Coppo & Paterlini op. cit. e straordinariamente simile a quanto scritto, a questo proposito, da Hahnemann nell'Organon dell'arte di guarire].
Il testo delle percezioni fisiche che il medico raccoglie spigolando dall'esame obbiettivo ed utilizzando un insieme di abilità formalmente non ben definite anche se ben riconoscibili.
Il testo dell'apparato strumentale ovvero ciò che dicono gli esami del sangue o le radiografie. In questo caso le macchine sono usate come co-autrici di una storia più ampia.
Un diciannovenne reduce da un lungo viaggio in India e un fumatore di 56 anni che non ha mai messo piede fuor dalla Svezia tossiscono e sputano sangue. Il radiologo che esamina le due lastre e che in entrambe vede una macchia di identica morfologia non può formulare la diagnosi di tubercolosi nel 1° caso e di un probabile tumore del polmone nel 2° caso, se si attiene solo al dato strumentale oggettivo.
Esistono poi il testo della prescrizione e quello stilato dagli eventuali consulenti.
L'attribuire, di nuovo, valore alla natura narrativa dell'esperienza della malattia e agli aspetti intuitivi e soggettivi del metodo clinico tuttavia non implica di per sé il rifiuto dei principi della medicina delle prove certe né un'inversione nella gerarchia di queste, tale che il racconto del singolo, quando si deve prendere una decisione terapeutica, debba aver più peso dei risultati degli esperimenti clinici controllati.. La vera medicina delle certezze [ovvero quella non ideologizzata] si guarda bene dallo scansare la necessaria soggettività nell'incontro clinico, presuppone, piuttosto, un paradigma interpretativo nel quale l'esperienza della malattia del paziente forma con essa un tutt'uno e ne fornisce il contesto. Infatti solo all'interno di questo contesto il clinico può collegare, dando loro significato, tutti gli aspetti dell'evidenza:
l' esperienza che deriva al medico dal fatto di essere stato a contatto coi casi clinici precedenti
le prospettive individuali o culturali del paziente
i risultati di rigorose sperimentazioni cliniche e degli studi osservazionali
e giungere alfine ad un giudizio clinico integrato.
Caro Miniati per rassicurarti ulteriormente che l'EBV (Evidence Based Medicine) non è poi tutto quel tribunale dell'Inquisizione che hai prefigurato, giunti al termine di questo scarno carnet di esempi che s'industria a gettar acqua sul foco, esaminiamo brevemente insieme ciò che ne dicevano i Padri Fondatori, chiamati in causa poc'anzi, in un editoriale del BMJ:
David L Sackett, William MC Rosemberg, TA Muir Gray, R. Brian Haines, W Scott Richards Editorial Evidence based medicine: what it is and what it isn't, British Medical Journal, 312, 13 January 1996, pg. 71-72
Per migliore certezza esterna intendiamo una ricerca clinica appropriata, che deriva spesso dalle scienze di base della medicina ma in modo particolare dalla ricerca clinica sui pazienti centrata sull'accuratezza e la precisione dei tests diagnostici (ivi incluso l'esame clinico), sulla potenza dei marcatori prognostici e sulla efficacia e sicurezza dei programmi, terapeutici, riabilitativi e preventivi. La certezza clinica esterna invalida i tests diagnostici e le terapie precedentemente accettate e li sostituisce con altri tests e terapie che sono più potenti, più efficaci e più sicure.
Più oltre:
L'EBV non è utilizzabile come il libro delle ricette di cucina. Poichè implica un'impostazione che parte dalla periferia, che è il luogo dove si affrontano i problemi concreti e dove vengono amalgamate dinamicamente le migliori certezze esterne con la perizia individuale e con le scelte del paziente, non può ridursi ad un adeguarsi servile ad un repertorio di precetti che pre-determinano come affrontare la cura dei singoli pazienti. L'evidenza clinica che proviener dall'esterno può improntare ma mai sostituire la perizia clinica indiduale ed è questa perizia che decide se la certezza esterna è completamente applicabile a quel preciso paziente e, quando questo accade, come debba entrare a far parte nella decisione clinica. In modo simile anche le linee guida esterne debbono essere fuse con la perizia personale per decidere se e come si armonizzino alla condizione clinica, alla situazione spiacevole e alle preferenze di quel paziente, e quindi se debbono essere applicate. I clinici che temono i libri di ricette calate dall'alto verso il basso troveranno i sostenitori della medicina delle certezze insieme a loro sulle barricate.
Un'affermazione del dottor Miniati:
Il bravo artigiano è quello che sa fare benissimo il suo mestiere perché ha fatto la stessa cosa centinaia di volte, ed è apprezzato per questo.
Un'opinione contraria:
Il paragone è pertinente al clandestino cinese intento a cucir borse di similpelle in quel di Brozzi e Campi non al medico pratico in fluido equilibrio tra certezze esterne, perizia individuale ed esperienza soggettiva di malattia narrata dai suoi pazienti. Per ben far ciò deve continuamente aprirsi al nuovo e all'ignoto.
[Ciò che risulta oltremodo intollerabile non è tanto il ricevere una contravvenzione per essersi infilati in un senso vietato quanto il ricevere contestualmente un antipatico predicozzo dall'Ausiliario del Traffico di turno. <>A questo punto il buon dottor Miniati che indubbiamente nella sua pratica clinica di ogni giorno è intuitivo, competente, costantemente aggiornato sullo stato dell'arte e in sintonia con consulenti e superiori di prim'ordine, con le ultime energie che il debito d'ossigeno gli concede nella fase finale della sua volata con voce strozzata dall'ira non si tratterrà idealmente dal gridare Queste cose le conosco benissimo!!! Che cinzzecca con gli omeopati???.]
<>Purtroppo ancora una falsa strada: non so quali omeopati frequenti o abbia frequentato o da quali sia stato gravemente deluso il simpatico Collega ma esiste una classe di omeopati numericamente rilevante, spesso impegnata nelle istituzioni universitarie od ospedaliere dove non fà di mestiere l'omeopata o solo quando, a latere, glielo concedono li Superiori, ma lo Specialista Pediatra, il Cardiologo, il Radiologo, l'Oncologo, l'Ematologo, il Nefrologo, lo Pneumologo e si estende agli Specialisti Convenzionati Esterni ed ai Medici di Medicina Generale (traggo i dati dal DB della Società a cui appartengo) che non reputa di praticare, una medicina altra quando fà omeopatia ma solo un settore della medicina che definisce medicina integrata o medicina integrativa o, attenendosi agli ultimi ghiribizzi della moda, medicina complementare. Questa, pur caratterizzata da procedure tecniche peculiari, compie esattamente tutte le operazioni tipiche della corrente principalie della medicina e utilizza sia i farmaci tratti dal suo armamentario terapeutico sia quelli della medicina corrente oppure entrambi quando questi sono di beneficio in quella particolare situazione di quel particolare paziente. Conduce trial e inchieste epidemiologiche all'interno di istituzioni pubbliche o private ed è per lei un onore ottenere la pubblicazione nelle riviste mediche più prestigiose. Non teme di sottoporre al vaglio della comunità scientica anche i propri fallimenti e non teme la discussione. Si fà un punto d'impegno nel definire la diagnosi della medicina corrente accanto a quella propria della patografia omeopatica e le sue concezioni sono sottoposte allo stesso processo storico di ridefinizione ed ampliamento. Usa per verificare i propri risultati criteri interni ed esterni di validazione (parametri misurabili quantitativamente e scale semiquantitative della QoL), questo atteggiamento è condiviso anche dalle correnti più conservatrici dell'attuale Omeopatia come testimoniato dal recentissimo Thompson T, Owen D, Swayne J The Case for Cases: publishing high quality Case Reports in Homeopathy, Homeopathy (2002) 91, pg. 1-2.
Caro Miniati a questo punto non mi resta che salutarti affettuosamente, affranto da questa lunga pedalata in tua compagnia, a cui malignamente ci ha spinto il signor Stefano Borselli, con una citazione di seconda mano da Hobbes (rubacchiata a MarcOer del FLUG) e che suona pressappoco così:
Perchè perdere tempo a imparare quando l'ignoranza è istantanea?
Con rispetto, tuo pedante
Carlo Poggiali